Lettera aperta all'Associazione

Non so con chi sfogarmi , ho visto il vostro sito e da ex Ligure vi scrivo. Se vi pare pubblicate altrimenti grazie lo stesso per il tempo dedicatomi.

Ho la sensazione di aver sbagliato tutto.

Seguendo l'educazione ricevuta ed una certa tradizione “locale”, ho sempre messo al primo punto il lavoro, un certo senso di responsabilità verso gli altri e la stabilità economica.

Con questo intendo semplicemente mettere l'accento su un modo di vita che alle facili soddisfazioni personali, all'effimero, al comodo, al provvisorio, anteponeva i bisogni della famiglia, le scelte importanti, l'impegno, i progetti a lungo termine. Così mi son comprato una casa, ho fatto studiare i figli, ho risparmiato per la vecchiaia.
Con ciò non mi sono mai privato né ho chiesto ai miei famigliari di privarsi, solo mi sono dato dei limiti, ci siamo dati dei limiti, rimandando ad un domani possibile quel di più che, consumato nell'oggi, avrebbe probabilmente ipotecato il nostro futuro.

Ero convinto che questa scelta di moderata prudenza mi avrebbe ripagato, invece mi sono ritrovato con la casa deprezzata dalle politiche fiscali, i figli dall'incerto futuro, i risparmi azzerati dall'illecito comportamento degli alti dirigenti della Banca dove avevo il conto, la pensione rimandata.

Alla fine devo ammettere che avevano visto giusto quei colleghi che anziché risparmiare per comprarsi la casa si spendevano tutto per fare le ferie, a loro, almeno, quelle settimane di serenità non le toglierà più nessuno. Così come più attenti di me sono stati quelli che per non avere responsabilità ,anziché fare la fila per pagare le bollette e le tasse, lavoravano in nero, mettevano i soldi in banca e rigettavano tariffe, affitti ed imposte al mittente. Oltre a non pagare, ottenevano pure il pubblico rispetto in quanto: “più deboli”.

Questa, in breve, è la mia storia. Una storia vissuta cercando un equilibrio con sé stesso e con gli altri e finita in un disastro, per limitare il quale ho venduto (direi, svenduto) la mia casa, quella ereditata dai miei e ricomprata con la successione, messo insieme quel poco che mi era rimasto e me ne sono andato in Irlanda.

E' il mio secondo mese in Irlanda e talvolta ho l'impressione che siano passati anni. Ogni tanto mi attanaglia la nostalgia per il sole, tuttavia mi sento in un Paese decisamente accogliente dove si può respirare il fermento di qualcosa di buono che potrebbe accadere da un momento all'altro.
Ho anche trovato un lavoretto con il quale aspettare la mia pensione. E' abbastanza facile fare amicizia, mi stupisce vedere giovani che discorrono serenamente con uomini e donne di una certa età, sorrisi e cordialità non mancano anche se tutto è ammantato da una certa superficialità.

L'altro giorno ho scoperto la campagna irlandese. Un meraviglioso spettacolo naturale, sole splendente, solo l'aria un po' fresca. Verde immenso, personaggi favolosi, immancabili pub.

Ho avuto l'impressione di vivere in un quadro.
Forse sono condizionato dalla mie esperienze passate, ma la realtà non è distante da questa visione.

Buona fortuna.

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Paese che vai....

Erano anni che non tornavo a Frejus, una cittadina del sud della Francia, famosa per le sue vestigia romane e per le spiagge.
L'ho fatto qualche tempo fa e francamente l'ho trovata assai gradevole ed animata, con i reperti romani pienamente inseriti nella vita reale della città, il lungomare perfettamente allestito per ricevere diportisti e bagnanti. Certo qua e là sulle banchine, con i cartelli vendesi appesi a yacht imponenti, qualche segno che la crisi economica è passata anche sulla Costa Azzurra si nota, tuttavia l'impressione che il turista ne riceve è quella di un posto molto ben curato.

Però non sembrava essere molto d'accordo con me la signora della panetteria.
A suo dire il centro storico di Frejus sta uscendo solo adesso, con la nuova amministrazione comunale, da un lungo periodo di abbandono.
Fino a qualche tempo fa l'area monumentale era trascurata e gli spazi commerciali del centro città erano insicuri, occupati da gruppi di islamici che vi praticavano i loro riti religiosi e le loro manifestazioni pubbliche e private senza regolamentazione alcuna, con conseguente degrado dell'area ad un bazar rischioso, trasandato e sciatto, evitato dai turisti.

La signora mi ha spiegato che vicino a Frejus si trova un quartiere abitato in prevalenza da nordafricani con tutte le caratteristiche tristemente note delle banlieue. Abbandono scolastico, disoccupazione, fondamentalismo religioso, delinquenza diffusa. Sempre secondo il suo racconto, pare che questo quartiere fosse quasi uno spazio extraterritoriale di fronte al quale l'amministrazione comunale, forse per quieto vivere, faceva come il famoso testimone reticente: non c'ero e se c'ero dormivo.

Con il nuovo sindaco si direbbe che le cose siano di colpo cambiate.
Sembra che un giorno la polizia abbia circondato il quartiere e, per dirla con le parole della signora: “Scellé tous les trous, forcé les garages et les pièces fermé. Tous les véhicules sans documents on été confisqués et à present ont été detruits”.

Se fosse, è proprio vero il vecchio adagio: Paese che vai ....

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Fiorentine alla genovese

Fiorentine alla genovese.
Così recitava un cartello esposto sulla vetrina di un macellaio in città.

Non so bene quale fosse l'intenzione del negoziante in questione. Se di proporre il taglio di carne detto “alla fiorentina” in una versione tutta locale: meno costosa ma di dimensioni più contenute, ovvero se di presentare al pubblico uno stallo similare all'originale ma non identico; una specie di sostituto insomma. Oppure se di attirare semplicemente l'attenzione del possibile cliente. Cosa, quest'ultima, riuscitissima.
Come sono stato attirato io, sicuramente lo saranno stati anche altri.
La differenza fra me e gli altri è che io ho trovato questo cartello curioso ma non vivace.
L'idea di accostare al sostantivo qualitativamente conclamato di “fiorentine” l'aggettivo qualitativo palesemente subordinato di “genovese” sul piano della comunicazione, anche commerciale, è un autogol clamoroso.
Perché, già nel titolo, attribuisce alla versione locale una diversa e forse inferiore quantità o qualità anche se, probabilmente, compensata da un minor prezzo. Che poi minore non è se ridotta è la quantità o diversa la qualità. Giacché i prezzi delle derrate sono comparabili solo a parità di peso e di genere.
Tutto questo parlar si soldi, perché di soldi si tratta, a Genova, nazione di negozianti, dovrebbe avere un peso rilevante.
Invece pare di no. La seduzione da anni ormai sta nel presentarsi come furbi micragnosi. Dove la furbizia non sta nella capacità di spendere bene i propri soldi, in rapporto al tempo impiegato ed al controvalore ottenuto, ma nella possibilità di avere un risparmio immediato, magari solo apparente.
Perché il fattore ereditario di quella Genova che era stata la Manhattan del XVI e XVII secolo è un egoismo al limite dell'accattonaggio? Forse che l'intelligenza ed il valore dei moderni Genovesi negli anni si è affievolito gradualmente arrivando al prototipo quasi caricaturale odierno?

Una congettura che si potrebbe avanzare in base al fatto che apparentemente si sono persi tutti i modelli auto-rappresentativi derivati dalla storia. Quello del Genovese un po' santo, un po' nobile, un po' pirata, ma sempre padrone della sua vita. Mai debitore o subalterno. Sempre più ricco, sempre più cattivo, ma con uno stile tutto suo.
Come la nobile Rivarola che imprestava l'elemosina.
Provavate un po' a non restituirgliela dopo i tre anni del pegno. Una salva di bastonate non ve l'avrebbe levata nessuno.

Perché allora, non dire: Bistecche alla genovese, altro che fiorentine!

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Coerenza

Prato, Foffo ed il morto (Varani) .

Delitto Rosboch: tra Defilippi e Obert urla e insulti davanti al procuratore .

Puglia, metalli e tossine in pasta e merendine per bambini, sequestrati 10mila quintali .

Nell’organizzazione sociale che intendiamo realizzare quale posto avrebbero i protagonisti di queste tre vicende?

In due passano una serata ammazzando un terzo, e poi spuntano le giustificazioni più disparate sostenute anche dal padre di uno dei tre.
Due individui coinvolti nell’assassinio di una donna,raggirata per una debolezza sentimentale,  si scagliano l’uno contro l’altro per addossarsi la responsabilità dell’omicidio.
Utilizzare materie prime con inquinanti per preparare alimenti destinati ai bambini significa avvelenare il futuro.

Come dovrebbero essere trattati?
Nell’organizzazione civile che ci prefiggiamo non ci sarà molta scelta. Il loro futuro sarà stretto e coerente col comportamento tenuto.

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A Mario Polastro

Addio, Amico!

Se n'è andato Mario Polastro, Presidentissimo dell'ARGe.

È stato un personaggio che ha segnato la vita associativa genovese per oltre 30 anni.

L'antico "Repubblichista" Genovese per antonomasia. Mai un atteggiamento banale. Serio e caparbio al limite della vocazione; apparentemente burbero ma intimamente allegro. Combattivo temerario ma sempre lucido ragionatore; provocatore, talvolta fazioso, ma al solo scopo di far emergere l'opinione altrui. Per Lui la vita era una disciplina che metteva insieme umiltà, rispetto e onore.
Aveva conosciuto il mondo a tal punto che parlava quasi solo Genovese. In questo modo esprimeva la Sua passione per un Universo Ideale dove al primo posto erano le facoltà private dell'individuo.

Dovendo tradurre tutto questo in una immagine, direi che Mario Polastro era un po' come gli Argonauti. Come loro cercava una maniera diversa di stare insieme. 

Con l'auspicio di questa immagine, Genovesissimamente senza tristezza, oggi mi piace ricordarLo.

Addio, Amico!

Pier Cristiano Torre

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