I poveri ... ed i NEET

In una lettera di De Silva Marco, responsabile Ufficio Economico Cgil Liguria, pubblicata su “Il Secolo XIX” di martedì 25 luglio è scritto che “Nel 2016 l’incidenza della povertà assoluta sale al 26,8 per cento … tra le famiglie con tre o più figli minori …”.

Si tratta di una percentuale elevata anche se è lapalissiano che sfamare più bocche costi di più che sfamarne meno con la conseguenza che i denari entrati in casa  non siano a sufficienza.
Però per capire meglio i motivi di questa percentuale sarebbe utile conoscere i dati sul percorso lavorativo degli interessati.
Forse non è casuale che l’Italia detenga il record europeo dei “NEET”: 19,9% nello scorso anno, peraltro in ribasso rispetto al 21,4% del 2015.
“NEET” è l’acronimo di  “Not (engaged) in Education, Employment or Training” ; sono gli individui tra i 15 ed i 24 anni che non lavorano, non studiano e non sono impegnati in attività di formazione . Cioè elementi che fanno assolutamente niente.

Pertanto oltre a riportare il dato del 26,8 % che impietosisce il cuore non sarebbe utile analizzare i motivi per cui si è arrivati a quella percentuale?
Gli interessati da povertà assoluta hanno mai lavorato? Per quanto tempo? Se non hanno lavorato od hanno lavorato poco quali sono i motivi?
Probabilmente i Sindacati in quanto più vicini ai lavoratori, ma anche ai non lavoratori, potrebbero raccoglie più facilmente quei dati che -forse- consentirebbero di farci capire meglio perché le cose stiano come stanno e fornirebbero un aiuto per trovare un efficace rimedio risolutivo.

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