Grillo non ha vinto

Beppe Grillo non ha vinto. Non ha vinto a Genova domenica 1 dicembre.
Non perché in Piazza della Vittoria per il terzo “VDay” c'erano 40-50.000 persone anziché le attese e desiderate 100.000. Sia chiaro, oggi come oggi nessun partito, nessun politico, è in grado di portare in piazza non dico 40.000, ma neppure 4.000 persone.
Grillo non ha fallito per questo.
Non ha vinto perché sulla pedana genovese, dello strepitoso dominatore della campagna elettorale di sette mesi fa che in meno di tre giorni aveva fulminato tutti i suoi avversari, non si è visto molto. Si è visto un uomo di forte personalità, capace di sedurre il pubblico, il quale potrebbe ancora sorprendere tutti, ma il campione dal colpo proibito, quello del K.O., pronto ad annientare con un colpo solo tutti i suoi rivali questa volta non è riuscito ad imporsi prima del limite. Ha vinto sì, ma faticosamente ed ai punti.

E nella sua vittoria ha cominciato ad esserci più di qualche zona d'ombra. Ho l'impressione che piano piano la sua azione si stia sfaldando.
Due i momenti che lo hanno esaltato. L'attacco al Presidente della Repubblica e all'Euro.

Il primo, al di là dei fatti di dettaglio citati da Grillo, è importante perché si configura come un attacco diretto al cuore del sistema politico-istituzionale italiano. Un cuore che non appare saldissimo giacché, complici gli ultimi avvenimenti di primavera, il ruolo e la figura del Presidente della Repubblica hanno ormai assunto un peso che di fatto è diverso da quello tradizionalmente assegnato.
Probabilmente facendo di necessità virtù il Presidente Napolitano si è caricato sulle spalle il peso di guidare il Paese, ma ciò facendo ha indebolito la vitalità ed il vigore del Governo, del Parlamento e dei Partiti, offrendo così il fianco del sistema politico-istituzionale agli attacchi di tutti coloro che lo aggrediscono con la motivazione di un richiamo al valore ideale della Costituzione.
In conformità con le zone d'ombra di cui sopra anche l'idea “grillina” dei valori costituzionali è altalenante. Sono imprescindibili quando ci sono di mezzo i Partiti, sono trascurabili quando c'è di mezzo l'Euro.

Sull'Euro Grillo ha proposto un referendum, cosa che -appunto costituzionalmente parlando- è una sciocchezza  in quanto la Costituzione vigente non consente di sottoporre a referendum un tema come quello del mantenimento dell'Euro. Naturalmente non si può negare che proprio l'”euroscetticismo” sarà uno dei grandi vettori che probabilmente faranno del M5S il primo partito alle prossime elezioni europee.
Alla sfiducia nella moneta si uniranno la tradizionale distanza che separa l'italico elettore dalla nozione e dal concetto di Parlamento Europeo ed il fastidio crescente verso paesi come la Germania mai considerati veramente “amici”.

Tuttavia mi sento di scommettere che l'eventuale vittoria europea non sarà il trampolino di lancio per la conquista del Parlamento italiano.
Per tre motivi, tutti emersi a Genova.
Non ci sono idee.
C'è una certa separatezza fra Grillo e gli eletti nel M5S. C'è una grande distanza fra gli eletti nel e gli elettori del M5S. L'unica e sola idea enunciata da Grillo è stata: “mandiamoli tutti casa”. Troppo facile e troppo poco.
Come troppo poco per colmare il vuoto si è dimostrato l'intervento dell'antico Dario Fo ed il timido tentativo, subito rientrato, di accomunarsi alle recenti “cinque giornate” dei tramvieri genovesi. Se non hai idee quando essendo all'opposizione avresti il tutto tempo e l'interesse per fare un paziente lavoro di preparazione, vuol dire che non ne avrai più.

C'è una certa separatezza fra il “Guru” ed i suoi inaddietro discepoli.
Gran parte degli eletti ha smesso di guardarlo con complicità. Alcuni cominciano a vivere come un peso il debito di visibilità verso di lui. Altri stanno valutando la convenienza di fare da soli. E' un momento di difficoltà classica dei movimenti affermatisi improvvisamente, ma nella particolarissima situazione del M5S, con il Capo fuori dal Movimento, è difficile che non riservi sorprese.
Infine c'è una grande distanza fra ciò che dicono gli eletti e ciò che pensa una gran parte dell'elettorato del M5S. Gli eletti, sui singoli temi, parlano come persone di “sinistra”. Gran parte degli elettori, sui singoli temi, esprimono opinioni definibili di “centro destra”.
Su immigrazione, sicurezza, fiscalità, burocrazia, economia - checché ne dica certa stampa, più che alla verità dei fatti, interessata a mostrare il M5S come il futuro partito vincente di sinistra - la distanza fra le due categorie, eletti ed elettori, è enorme. Quando i secondi si accorgeranno che i primi hanno idea di fare tutto il contrario di quello per cui sono stati votati la simbiosi finirà aprendo scenari imprevedibili

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