Ho sempre pensato che attorno alla figura di Balilla ed al momento in cui, il 5 dicembre 1746 scagliando la pietra diede origine alla rivolta antiaustriaca, ci fosse una certa omologazione.
Intendo dire che ogni volta mi sono chiesto perché nel ricostruire il fatto si investe molto sullo standard delle ingiustizie da riparare, sul banale riconoscimento anagrafico del suo artefice e su una esposizione ad uso e riuso della memoria, mentre non si sia mai sentito il bisogno di chiedersi quale era la mentalità del protagonista. Se non altro sarebbe stata una forma di rispetto per il Balilla stesso e per il suo desiderio di riuscita.
Penso che l’evento tragga soprattutto origine nella natura e nella cultura di gente che non si nasconde e non garantisce a nessuno di rinunciare a rimarcare la propria differenza eliminando ogni possibile ammiccamento fra sé stesso e chi viene da fuori. Figuriamoci poi con chi è ostile.

Questa differenza diventa il supporto storico e fors'anche la presenza mitica che trova la sua massima espansione nella vocazione tutta ligure verso la sfida ineguale di uno contro tutti. In apparenza il campo dell’impossibile, eppure attorno a questo tema il mondo ligure ha immaginato il suo simbolo.

Il genius loci. Lo Spirito del posto, l’estensione fantastica di una vocazione che implica il superamento di ogni presente sbarrato che non lascia vedere nessun futuro. Questa è la presenza che ha impugnato lo strumento di una apparentemente impossibile traiettoria, in epoche, contesti o situazioni differenziate.
Ed è ancora una volta il genius loci che presiede al lancio della pietra in cui Balilla, preso dalla ineluttabilità di riportare ad un tempo e ad un momento reale questo modo di percepire il mondo, aveva messo il cuore del ribaltamento e della trasformazione dell’esistente.

Quindi, essendoci una Entità protagonista che abita il Territorio, credo nella possibilità sicura che ci sia sempre un momento in cui da qualche parte un Ligure tocchi il suo destino e lo scardini. Credo anche che questo spirito autoctono non agisca mai a senso unico e rispetti la distanza di provenienza.

Si può andare oltre Balilla, magari con un’altra figura non proveniente dall’ambiente ligure?
Sì. Come per Vincenzo Matteucci.

Se nella storia recente di Genova c’è uno che ha incarnato lo spirito di Balilla, è lui.
Proveniente da altra regione nelle elezioni del 1992 ha affrontato, senza altre assistenze che questa aspirazione al lancio della pietra che contiene il suo cuore nel territorio sconfinato dell’impossibile, due dei maggiori protagonisti dell’establishment italiano e non solo: Guido Carli e Riccardo Garrone.[1]
Battendoli.
La sfida, a prima vista controcorrente, presupponeva dunque la consapevolezza dell’esistenza di un passaggio libero. Reso libero, garantito, da questa presenza che risiede sul posto e funziona come un arsenale per affrontare la consistenza della Storia.

Questo tracciato ad un passo dal 5 dicembre aiuta a riflettere sulla forza di un’identità. In quella ligure c’è qualcosa che viene prima della continuità del quotidiano. Qui la storia non diventa una biografia soddisfacente ma un percorso inedito. Perché il punto non è quello di sintetizzare la propria vicenda nella banalità di un'immagine omologata ma semmai di allontanarsene attraverso il valore individuale della differenza.
Una differenza che ha la capacità di pareggiare il peso negativo dell’impossibilità.

Vivat!

[1] Guido Carli era l'ex Governatore della Banca d'Italia e Riccardo Garrone uno dei più importanti industriali del settore petrolifero.