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Sino ad oggi era il "ponte di quota 40"; nome anonimo e freddamente descrittivo per la struttura che a San Pier d'Arena collega corso Magellano a via Gian Battista Monti.
La Giunta Comunale ha deliberato (finalmente) di intitolarlo al Professore Giovanni "Gianni" Rebora -Genovese di San Pier d'Arena- che ha abitato in un civico prossimo al ponte.
Lo riteniamo doveroso riconoscimento ad un Uomo e Docente dell'Università di Genova che si è sempre distinto per la grande cultura, lo spirito aperto, la capacità critica e l'affabilità con cui affrontava e divulgava gli argomenti trattati.
La Sua morte ha rappresentato per tutti noi una grossa perdita ma il Suo ricordo è intatto e Gli siamo riconoscenti per quanto ci ha trasmesso col Suo modo elegantemente scanzonato di rapportarsi, distante da qualsiasi altezzoso atteggiamento accademico.
Grazie di tutto, Sciô Profesô.
P.S. la delibera del Comune è giunta a buon fine dopo un lungo ed impegnativo percorso burocratico, intrapreso e tenacemente perseguito da Filippo Noceti.
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Campioni d'Europa! Si, si …campioni! Tristemente, Gianfranco Dell'Oro Bussetti che ci mostra questa bella e significativa foto che porta le stigmate di una Valpolcevera Svalpolceverizzata e riempita di tutto un po’, bisogna dire che se fosse stato fatto il raddoppio, molto probabilmente non saremmo qui a piangere le vittime. Ma, ancora più triste, sarebbe considerare che questo fatto potrebbe essere un punto a favore – casomai esistesse un punto a favore! - della difesa di chi ha causato quel disastro. E così non si può almeno non immaginare che la gestione di “quelle cose lì” così complesse e costose, in una Città ed in una Regione attraverso le quali è maturata quella Storia di Grandezza che ha affascinato il mondo e che deriva proprio da questa posizione geografica utile ed anzi “oggi” addirittura indispensabile per la Stato italiano e per l’Europa “nonostante l’orografia” se abbiamo anche potuto assistere come in quattro e quattr’otto son state eseguite opere viarie cittadine! Si deve allora considerare come “quelle cose lì” sian sempre state estremamente complesse. Lo erano già dai tempi della lunga e nota Storia Mercantile legata a quell'apertura continua in tutto il mondo conosciuto dei nuovi mercati che i Genovesi han sempre portato avanti nella loro storia e dunque il commercio e la conseguente necessità di trasportare le merci dalle Foci e dalle Spiagge, prima ancora che dai porti, al di là dei Gioghi, delle Croci di Vie e delle Foci di un territorio lungo e stretto, particolare e fragilissimo che veniva però percorso in tutti i suoi luoghi da e per ogni dove, da e per il mare, da e per le Padanie ed oltre, oltre ed oltre ancora da viandanti di ogni genere, compresi i nemici che però non riuscirono quasi mai a passare, e da quei mulattieri che con i loro muli contribuirono alla costruzione della ricchezza e della grandezza oltre che, man mano, al miglioramento viario disseminando qui e là nel tempo, sulle direttrici di marcia, quei Borghi arricchitisi di quella cultura delle cosiddette “Terre di Passo” che si trovano fin negli anfratti più nascosti di quell’Appennino Ligure, bello, aspro e selvaggio che un tempo arrivava fino al Grande Fiume, il Po!
Con la modernità, man mano, Cittadini d’accordo o no, “quelle cose lì” si son fatte sempre più pesanti e son diventate addirittura devastatrici se tutt'ad un tratto se ne è potuta toccar con mano la pericolosità e la tragedia tanto che il dubbio emerso è stato quello che “quelle cose lì” son parse come essere state date in mano, se non a degli incapaci, almeno a chi - non si dice provasse chissà quale affetto per Genova e la Liguria dove magari vi aveva trovato le risposte alle aspettative della proprio vita – non ha guardato che al profitto senza tenere assolutamente conto dei luoghi, della loro bellezza che così sfioriva sempre più e della loro fragilità sempre più compromessa, per non dire degli “abitatori” oltre che degli utilizzatori!
E nâe, nôe, no! Chìe no ghe sémmo… me câi vôi!
Non va bene, come diciamo a Genova che forse ancora meglio sarebbe seguire quel detto popolare che recita … gîla cómme t’eu ma ciù l’amîo e ciù me pâ che sta cöça chìe a ne ségge chéita pròpio ‘n to cû!
Ed allora ecco che trattandosi di “casa nostra” piacerebbe un po’ di più “decidere da noi” come si è sempre fatto.
Come i Campioni d'Europa vincitori perché ognuno di quei giocatori si è - o è stato - riconosciuto nel suo utile particolare, nella sua specificità “portando così il suo miglior contributo” al gruppo.
E allora bisognerebbe immaginare che la politica funzionasse proprio così come, almeno si sente dire, pare aver funzionato la squadra campione!
Da lì, da quel fare squadra allora, perché non tendere ad appartenere al mondo delle più avanzate e moderne Repubbliche Federali dove si fa squadra partendo proprio dal considerare valide e rendere veramente autonome le regioni in considerazione proprio di quelle storiche Libere Entità Amministrative sovrane che furono già veri e propri Stati preunitari dove, alcuni di essi, come la nostra Repubblica di Genova, erano già moderni posto infine che il concorso di tutte le “specificità” o le “particolarità” unite ad una nuova “assunzione delle responsabilità del governo del proprio”, possa consentire - portando ognuna di esse il meglio del loro alla generalità - di non essere più quei Cittadini così oscuramente manipolati dall’ombra di chi decide per tutti, aggiungendo infine, dopo aver portato e continuando a portar via loro …anche l'anima perché si vince uniti, ben diretti e non costretti!
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Questa è una mappa realizzata attorno al 2004 con cui ci si ripropone di studiare una nuova organizzazione amministrativa della rinata Repubblica di Genova.
Si è immaginata tendo conto, al contempo, di fattori storici (anche nei nomi) e orografici, con particolare attenzione alla grande caratteristica del territorio extra urbano interno Ligure: le vallate e le displuviali.
Smembrata la città di Genova nei suoi antichi Comuni, non certo per una regressione ad antiche forme di governo locale, si è pensato a come ricomporne il tessuto pensando ad una ri-unione in città (Çitæ o Sestê), suddivise in quartieri (Quartê, corrispondenti ai vecchi comuni) che formano assieme la metropoli (Çitæ metropolitann-a), con l’aggiunta di nuovi Comuni non facenti parte dell’attuale Comune Genovese.
Innanzi tutto il centro che corrisponde alla Città esistente alla fine del XIX secolo, direttamente confinante con quattro degli altri Sestê:
- uno che comprende tutti gli attuali Comuni extra cittadini dell’alta Val Polcevera con Pontedecimo e San Quirico
- uno l’alta Val Bisagno con l’aggiunta di Davagna e Bargagli
- uno corrispondente alla bassa Val Polcevera da Bolzaneto alla foce del torrente e comprendente le due sponde del medesimo
- uno che da Quarto si spinge a Sant’Ilario e Bogliasco.
Gli ultimi due, agli estremi lungo le Riviere, da Sestri a Voltri con l’aggiunta di Mele e da Pieve a Camogli, quest’ultimo è l’unico che contempli in toto Comuni attualmente al di fuori del Comune Genova.
I Sestê così agglomerati dovranno avere una forte autonomia decisionale in merito a questioni locali, molto oltre gli attuali municipi, e rappresentanti eletti dai cittadini. La Città metropolitana avrà un Sindaco eletto dalla popolazione di tutti i Sestê ed una giunta che sarà partecipazione degli eletti dei 7 Sestê di cui sopra.
In maniera analoga il resto nel territorio è suddiviso in cantoni, chiamati “Poestàie”, che sono amministrativamente suddivise nei Comuni oggi esistenti ed i confini delle quali sono scelti sulla base di fondamenti storico geografici. I Comuni che ne fanno parte sono inoltre raggruppati in Comunitæ, che hanno un valore consultivo all’interno della Poestàia di riferimento. Le cariche elettive sono rappresentate da una Giunta della Poestàia eletta fra i rappresentanti che partecipano alla Comunitæ, estratti dalle Giunte dei Comuni che le compongono, presieduta da un eletto dai cittadini di tutti i Comuni. Chi partecipa alle Comunitæ è scelto dai cittadini fra coloro che sono eletti nelle giunte comunali.
La mappa comprende tutti quei territori che si possono includere nell’Oltregiogo, compresi in tre Poestàie formate da Comuni oggi facenti parte della regione Liguria ed altri che invece sono amministrativamente inclusi in altre regioni (Piemonte, Emilia Romagna, Lombardia) e all’estremo ponente i territori sottratti oggi in territorio francese e Monegasco.
Alcune “poestàie” corrispondono a singole città, come nel caso di Noli e possono avere maggiore autonomia come nel caso dei territori Monegaschi (aggiunti di una più ampia porzione includendo Ventimiglia) e a Seborga o, ancora, l'Isola di Capraia che dovrà necessariamente fare parte della nuova Liguria Indipendente.
Si è, infine, cercato di dare dignità laddove utile e possibile all’Entroterra, posizionando lì il capoluogo di alcune “Poestàie” che pure si affacciano sulle Riviere, oltre a crearne con territorio esclusivamente situato in Appennino.
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- Scritto da Gianfilippo Noceti
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Amië che cös’a ne móstra st’inmàgine chìe, che o ne a fa védde o scio Gianfranco Dell'Oro Bussetti in scia pagina de Pontedeximo, e che tànto sciâto a l’à fæto pe quéllo “Tranvài” dell'U.I.T.E. n. 11 c’o pàsa in scia sponda sinistra do Ponçéivia pròpio de fronte a quèlla de drîta donde ghe son e tôri de Catalizi, “cracking towers”, e quelle di raffreddamento di un impianto di raffineria fra i più importanti del Mediterraneo ma che ha segnato se non uno degli ultimi cambi di Paesaggio -l’ultimo infatti avverrà più tardi con il Centro Commerciale, il nuovo quartiere di San Biagio, il Mercato Generale che era in Corso Sardegna- che ha ridisegnato più e più volte quella parte della Valpolcevera tanto, a tratti, da non riuscire più nemmeno ad individuarne i luoghi.
Facciamo allora questo viaggio tra di noi Genovesi che se lo raccontano leggendolo sulla carta!
Se partimmo da Bözanèo o Bôzanëo (…che se non ti gh'ë d'àndâ vanighe de rëo!) pe Pontedêximo, s'incontra Braxi (luogo d'origine) dónde gh'èn Castello e Bratte e 'n çimma a o monte o Paize co a seu gêxa dónde n’òtta gh’èa 'na gêxâ de génte ma che òua… no gh’è quæxi ciù nisciun! Dòppo de lì s'ariva a Moigallo dónde de sòtta ghe son e Frisce e a stradda pe Mainétto, Castagna e Pedemónte, Voiæ, Oê, e ’n po ciù avanti pe andâ ’n sciô gh’è a stradda pe Méurgo, San Ceprian e Sêra! Dòppo de lì s'ariva a o Sêro dónde ch’é a neuva gexa fæta fâ da Garon pe avéi réiza no ciù fruìbile quèlla 'n ta rafineria c'a l'è ancon mêza 'n pê… e sémmo a San Giâxo e a quéllo posto che se ghe dixe "Romairon" pe vià, se dixe, de 'na Famiggia c'a gh'à dæto o nómme! Dapeu ghe sàia Sàn Chîgo e a-a fin Pontedêximo ma lì, da quel ponte che viene oggi ricordato per il nome di un bar … “sigh!”… con tutta la storia che c’è lì attorno, non è ancora San Quirico! Anche se lì non è San Quirico bensì San Biagio dove esiste ancora la casa di campagna della Famiglia Paganini!
San Quirico, infatti, che territorialmente è più verso Pontedecimo, era la Frazione Capoluogo del Comune che comprendeva anche le frazioni di Morego, San Biagio, Budulli, Serro, Morigallo e Romairone!
Si può certamente dire che dall'Unità d'Italia in poi, poche Città abbiano pagato, come è capitato a Genova - peraltro già Nazione fino a pochi decenni prima - un prezzo così alto sia sotto l'aspetto del territorio che sotto quello socioeconomico in nome di quella che viene comunemente definita "modernità/modernizzazione" tramite la quale ne beneficiò la nazione intera! In particolare, poi, in tutto questo "fare e disfare", la Valpolcevera, dalla sua Foce di San Pier d'Arena e Cornigliano fino al suo vasto e a tratti ancora molto bello entroterra, è stata una delle più importanti comprimarie e più colpite.
Che bella dev'esser stata questa valle, sia per la sua natura che per la sua storia, per i borghi anche millenari di case, chiese, conventi e monasteri, case rurali, ricche e belle dimore di villa inserite in un contesto di giardini, orti, vigneti e frutteti tenuti con la saggezza e l'esperienza di un attività umana che sarà stata anche dura ma mai come dopo tutto quel macello che vi è stato "ammucchiato" per far volare fra le prima al mondo la nazione, far più ricchi i già ricchi, in cambio di un po' di duro lavoro e a fronte altresì della perdita del valore anche culturale di un territorio già abitato dall'antico che le testimonianze che arrivano da un lontanissimo passato ci indicano. Che cosa è rimasto, chiediamoci, macerie di ogni genere a parte, di tutta quella "presunta modernità" che non da più lavoro dopo aver più e più volte ha preso il posto modificando anche, come dice qualcuno che la ricorda, quell'ultima collina superstite e stupenda!
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- Scritto da Gianfilippo Noceti
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Siamo nel Golfo di La Spezia che fu Spéza e che gli si volle cambiar nome! Cöse da pêtenâ co i sàsci… come la storia della Torre di San Giovanni Batista!
…“Torre Scola” o “Torre Scuola” già “Torre di San Giovanni Battista”, edificio militare costruito dalla Repubblica di Genova nel 1606, vicino all’isola Palmaria su di un isolotto poco oltre la sua punta nordorientale nel Golfo della Spezia… a difesa del Golfo e… della popolazione!
A parte quelle antiche, che per la verità non sono molte, risulta estremamente complicato, e dunque non è facile, trovare notizie di queste cose così pregnanti se non negli archivi famigliari. Bisogna anche ringraziare agli appassionati di quella storia apparentemente locale ma di rilevanza internazionale.
Purtuttavia, in quella parte di Levante Genovese, Repubblica di Genova, Liguria, dopo molti secoli di relativa tranquillità all'ombra delle insegne di San Giorgio, da una certa epoca in poi fu necessario aumentare le difese colpite poi più tardi dalle scaramucce anglo/francesi ai tempi dell'Imperator Sarzanin Corso correndo il tempo della da lui voluta Repubblica Ligure.
Si può certamente affermare che quello spettacolare tratto di Riviera fu però "letteralmente distrutto nel territorio, nelle cose ma ancor più non venne in alcun modo tenuto conto "delle meraviglie" e della sua "antica cultura millenaria" che quasi scomparì in seguito alla costruzione delle grandi opere civili e militari che portarono anche alla decuplicazione degli abitanti nel giro di pochissimi decenni!
Questo fatto, poco noto, ha portato a fare in modo che “l'antichissima cultura locale” di quei Borghi Marini che vivevano da millenni di pesca, agricoltura ma anche di commerci con un entroterra più prossimo ma anche lontano e da sempre presente del Golfo e non solo, fu soffocata, fagocitata da altre che se da una parte non ne avevano conoscenza e/o interesse alcuno alla sua conservazione, dall'altra anch'esse si trovarono sradicate dalla loro!
Si può forse dire che tutto questo è avvenuto casualmente lì, nel Golfo Spezzino, più che nell’altra area precedentemente immaginata che, quella di una Portofino ma forse -per i Savoia- troppo vicina a Genova? Chi lo saprà mai?
Due luoghi di quel Genovesato, Repubblica di Genova, Liguria -che dir si voglia- che si possono annoverare fra i luoghi più belli al mondo che solo qualcuno privo di alte sensibilità e uso ad altri modi di vita ne ha provocato la perenne devastazione di uno dei due!
E grazie a Norbert Frroku per la bellissima foto della Torre.