“Vous calculez 800 mètres d'escalade pour 150 mètres de dénivellation, environ trente minutes."
Calcoli 800 metri di scalata per 150 metri di dislivello, circa trenta minuti.
Così dice la signora all'Ufficio del Turismo. Penso che con una temperatura di 41° mi ci vorranno tutti se non vorrò arrivare alla sommità disfatto dal sudore e dalla fatica.
Sono a Entrevaux, città fortificata posta lungo un'ansa del fiume Var al confine delle Alpi Marittime, e nella mia migliore tenuta da esploratore africano mi preparo a salire verso la sua roccaforte. Lassù mi aspetta Gavin Ikelian, un inglese giramondo con ascendenti armeni che ho conosciuto qualche giorno prima ad Agay.
Ci siamo trovati al locale Bureau d'Accueil; io alla ricerca di indicazioni sul misterioso sito paleo-ligure del Vallon de la Cabre, lui alla ricerca di un menhir perduto. Naturalmente le bellissime incaricate non sapevano niente né dell'uno né dell'altro argomento. Del resto, come non scusarle. Abituate ai miliardari della Costa d'Oro non si poteva certo pretendere prestassero attenzione ad un inglese ed a un "francese" dalle dubbie origini.
Comunque, saputo del mio interesse per i siti paleo-liguri della Provenza mi ha invitato a visitare Entrevaux promettendomi una sorpresa.
Conosco Entrevaux per averla visitata anni addietro. E' una strepitosa cittadella fortificata, accessibile dalla “Porta Reale” e dal suo celeberrimo ponte levatoio, dominata da una roccaforte posata in bilico su uno sperone di roccia. La cittadella e l'insieme delle fortificazioni del borgo, nella loro versione attuale, si devono al Maresciallo di Vauban, ingegnere militare di Luigi XIV. Ma la storia di Entrevaux è una storia più che bimillenaria.
Dai precordi paleo-liguri, all'antica Glanate, alla città medioevale Genovese - della quale restano visibili i classici balconi detti provenzali, le “calade”, vie acciottolate con scale ripide, la devozione a San Giovanni Battista – fino alla “Ville Royale” di Francesco I, Entrevaux è una città che fa sognare ed accende la fantasia.
Ed indubbiamente, qui, su questa rocca pendente su un abisso, si rientra sotto l'incantesimo che ho provato a Piol, Cotignac, Ampus, Mons, Agay, Peine Haute, Roquebrune ed in mille altri luoghi anticamente popolati da quegli uomini particolarissimi amanti del brivido e della vertigine che erano i Liguri. Qui, sotto le perfette architetture di Vauban, si sente ancora presente quella passione per una vita sospesa sul vuoto.
“Quel panoramio”, mi dice Gavin nel suo specialissimo slang che mette insieme inglese, francese, spagnolo, italiano e chissà cos'altro. Il “panoramio”, effettivamente, è letteralmente straordinario.
“Attend-toi un autre belle vue”.
Quale sarà questa nuova bella visione? Cosa preferire fra viuzze, fortini, camminamenti, feritoie, antiche botteghe, fontane, palazzi che la storia ha lasciato in eredità a questa posto?
“Guarda là-bas”.
Guardo laggiù e adesso vedo. Era questa la sorpresa della quale mi aveva parlato all'inizio.
In vista, sulla torre della cattedrale c'è una sola bandiera che sventola sulla questa città posto privilegiato per il turismo e tappa della storia di Francia. É una bandiera recante una croce rossa in campo bianco.
“The Ligurian Pavillon”