È la Liguria terra leggiadra.
Il sasso ardente, l’argilla pulita,
s’avvivano di pampini al sole.
È gigante l’ulivo. A primavera
appar dovunque la mimosa effimera.
Ombra e sole s’alternano
per quelle fondi valli
che si celano al mare,
per le vie lastricate
che vanno in su, fra campi di rose,
pozzi e terre spaccate,
costeggiando poderi e vigne chiuse.
In quell’arida terra il sole striscia
sulle pietre come un serpe.
Il mare in certi giorni
è un giardino fiorito.
Reca messaggi il vento.
Venere torna a nascere
ai soffi del maestrale.
O chiese di Liguria, come navi
disposte a esser varate!
O aperti ai venti e all’onde
liguri cimiteri!
Una rosea tristezza vi colora
quando di sera, simile ad un fiore
che marcisce, la grande luce
si va sfacendo e muore.
di Vincenzo Cardarelli
(Tarquinia 1887-Roma 1959)
Nota: ho pubblicato questa poesia per "colpa" di un mio insegnante di Lettere al Liceo Scientifico "Calasanzio": il Professore Renato Dellepiane.
L'ha inserita nel Suo libro "VITA DI SCUOLA SCUOLA DI VITA" e, ritrovandovela, non ho potuto fare a meno di riproporla a coloro che frequentano questo sito.
"Liguria" dovrebbe far riflettere e risvegliare l'amore e l'orgoglio per la nostra Terra; è stata scritta da un foresto che -forse per questo- ha saputo coglierne la bellezza troppo spesso non percepita dai Genovesi.