La notizia è di quelle che fanno eco. Un Museo su Genova, a Genova.
Genova non ha consuetudine  ad immaginarsi sembianza, oggetto, possibilità di sé. Eppure adesso Genova diventa oggetto fantasmatico sulla proposta esplicitata sabato 16 dicembre nel corso della cerimonia del «Confuego».
Non sappiamo la genesi dell’idea, né si conoscono  gli elementi costitutivi di questo progetto, quali saranno le sue caratteristiche, quale sarà lo spessore e la conformazione di questo Museo.

Sarà un connubio fra una sede storica e contenuti storicistici, dunque un museo museale? Uno spazio circoscritto, un muro di cinta fatto di idoli accumulati ed egemonizzato dal gusto per il collezionismo antiquario e dall'inclinazione alla custodia gelosa?

Oppure sarà un museo che non sarà museo ma la Città in sé?
Un missile destinato a viaggiare nel sistema internazionale della cultura con il plusvalore di due elementi: uno di astrazione  concettuale, cioè l'interconnessione fra il contenuto, il contenitore ed il suo pubblico, ed uno di contaminazione fra forme simboliche per elaborare scopi diversi, per occasioni diverse e per destinatari diversi.

Qui comincia la grande sfida di un Museo su Genova per la città di Genova. Un confronto fra impostazioni completamente diverse.

Chi, fedele alla tradizione locale, vorrà formalizzare la questione attorno al senso etimologico di Museo in quanto luogo caro alle Muse. Cioè un santuario ispirato ed ispiratore di un greve senso del possesso. Uno spirito di conservazione di «cose» antiche in un luogo ancora più antico  dove prevale il sopruso del tempo passato sulle modalità di comunicazione dei suoi contenuti verso il futuro.
Un luogo statico, immoto, immortalizzato per una fugace guardata da un presente impresentabile ad un lontano passato riproposto, attraverso l'iconografia classica di battaglie, trattati, decreti, semplicemente come vecchio.
Se l'ispirazione è questa non vale la pena di arrovellarsi per quale Museo su Genova e su dove realizzarlo; un luogo della memoria siffatto c'è già: Staglieno.

Se invece l'idea è diversa cioè quella di dare vita ad un luogo di comunicazione fra un'epoca ed un'altra allora è necessario illustrare la continuità fra una comunità storica e quella futura che ancora non c'è del tutto. A cominciare dalla contaminazione tra l'idea di sé ed il modo con la quale questa idea viene percepita all'esterno per cui  ogni dato sia esso storico o a-storico, visibile o invisibile, diventa rappresentabile e per questo possibilità.
Possibilità di bellezza, possibilità funzionale per il futuro della Città.

Se l'idea è questa,  all'ora il progetto non solo è interessante, ma addirittura urgente.
Certo, realizzare un progetto del genere è faticoso e costoso quanto mai, a cominciare dall'immaginare il contenitore per un simile contenuto.
Tuttavia l'impresa è fattibile.
Ci sono esempi a cui fare riferimento, come il Museo ebraico di Berlino pensato come un percorso fisico nel quale ogni anno di quella storia  corrisponde ad un metro lineare.
Naturalmente a patto che i promotori accettino di aprire un confronto veramente libero con tutte le forze intellettuali, sociali ed economiche che possono avere qualche cosa da dire sul tema.
Del resto non era forse l'apertura al confronto con chiunque la virtù fondativa della Genova storica?
E non è forse valido ancora oggi che: per vincere bisogna  non avere paura di perdere?

Allora se davvero si vuole immaginare un Museo su Genova a Genova come una soglia, una porta, un punto di attraversamento dal mondo presente e futuribile a quello passato, dal quale il primo deriva, il suo percorso deve essere reinterpretato in una nuova soluzione. Si dia il via al confronto.

L'A.R.Ge. c'è.

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