La Provincia di Genova e Atina in valle di Comino due territori a contatto. Due territori che a tutti gli effetti possono essere considerati come una sintesi di quei nodi storici dai quali è scaturita la grande ricchezza di energie che dalle epoche passate fino ad oggi ha attraversato l’Italia.
Genova, antico centro di sviluppo attorno al quale fin dall’alba dei tempi si sono aggregate le comunità del circondario distinguendosi così dalla semplice varietà di stirpi. Un’area nevralgica, segnata da una antichissima storia di emancipazione; da terra di contadini e pastori a nuovo emporio di navigatori, artigiani e mercanti, all’incrocio di due importanti percorsi commerciali. Le riviere e da lì verso i porti e le pianure del Sud-Italia; l’entroterra e, attraverso la pianura padana, verso le piazze commerciali di Piacenza e Cremona. Fin dalle origini zona di frontiera fra due civiltà: quella gentilizia dell’Italia centrale e quella selvaggia del Nord alpino in era arcaica; tra la potenza romana e il Nord dell’Europa in epoca classica. Un mondo di cosmopoliti, i Liguri.
Atina, dall’età più antica dei tempi capoluogo della valle di Comino, posizione nevralgica già segnata da un’antichissima storia di autonomia. Da terra di consorzi tribali a nuovo centro di un reticolo di contatti economici e culturali all’incrocio di due importanti vie commerciali. Quella che dall’Adriatico, passando per i monti dell’Abruzzo, giungeva alla piana del Volturno; quella che dal mare pugliese, passando per il Molise, giungeva alla valle tiberina. Fin dalle origini zona di frontiera fra due civiltà: quella terragna e pragmatica dell’Italia del Centro-Sud e quella più variamente frammista dell’Italia tirrenica in era arcaica; tra l’oriente ellenico e l’occidente romano in epoca classica. Un mondo di guerrieri, i Sanniti.
La Provincia di Genova e Atina in valle di Comino sono stati dunque due territori intrinsecamente legati da una vocazione allo scambio e dalla capacità di lasciare segni: nel paesaggio, nella cultura materiale, nella lingua, nel diritto delle Genti.
Ma è con il ferro che Atina con la sua vallata e Genova con la sua provincia si impongono lungo il corso del tempo in un percorso quasi a staffetta dove confluiscono operatività, progettualità, tecniche ed altri elementi ancora, che potremmo definire indizi di vita, a testimonianza di un ordine speciale in cui confluiscono i diversi momenti che segnano l’intera storia della metallurgia.
A Nord-Est di Atina sorgono i monti della Meta e le Mainarde, con i loro ricchi giacimenti di argento, di rame e di ferro. Da qui nascono le intense attività metallurgiche dei Sanniti sottolineate da Virgilio. L' Atina Potens, celebrata e a lungo temuta dai romani, giacchè i Sanniti portavano con loro il grande segreto della lavorazione del ferro. Per la prima volta, con un sistema di recupero del calore, le temperature di fusione del minerale venivano portate intorno ai 1300 gradi. In questo modo la lavorazione del metallo cambiava dimensione; cessava di essere una pratica e diventava una scienza. Era stata inventata la siderurgia.
L’attività fornisce gli esempi la storia li riassume alla perfezione.
Le ferriere sono un altro momento di trasformazione questa volta legato all’industria ligure di antico regime. Decentrate nell’Oltregiogo, attorno alla ferriere si sviluppa una tecnica, detta del “basso fuoco alla genovese”, capace di ottenere un buona qualità del metallo con un relativo utilizzo di calore.
Queste matrici lontane, frutto di una memoria, di una appartenenza, troveranno il loro punto di approdo negli anni ’60 quando Genova metterà in forma il futuro con l’entrata in esercizio dei primi modernissimi impianti di laminazione della “Cornigliano”. Se al loro tempo i Sanniti avevano inventato la siderurgia adesso Genova ne era la capitale.
L’era industriale nella modernità dei suoi impianti, nel suo stare al passo con i tempi, nel suo continuo divenire, trasforma il ferro della spada, elemento di prestigio, nell’acciaio dei semilavorati, simbolo della quotidianità popolare. Una quotidianità popolare che porta con sé una profonda metamorfosi della società.
La crescita dell’economia, l’assorbimento della disoccupazione, l’immigrazione dal Mezzogiorno, segni tangibili del “miracolo dell’acciaio” tuttavia lasciano dei vuoti. Ciascuno si trova impegnato a sostenere dei ruoli differenti sul lavoro, in famiglia, nella comunità. Necessità di distinzione e bisogni di concretezza talvolta si sommano, più spesso si contrastano, e il contrasto è tanto più forte quanto la rappresentazione dei valori cardinali sembra svanire per sempre. La crisi morale ripropone la tradizione come uno spazio di preparazione necessario per permettere la comunicazione tra gruppi di persone dai differenti modi di vita.
Nasce così un modello ideale che mette in scena degli uomini nuovi, risultato di una esperienza anteriore, di una conoscenza, di un lungo apprendistato, che sono importanti per quello che effettivamente sono: una risorsa. L’unica disponibile per una società impreparata al passaggio d’epoca.
Si dirà, tutto vero ma sono passati trenta anni da quei momenti.
Si, sono passati trenta anni ma che problema c'è.
Tutto ruota, ma il centro del mondo sta sempre su una via stretta.