Il profumo degli alberi di eucaliptus proveniente dai giardini delle ville di Miramar che entra nell'abitacolo della macchina mi avvisa che sono quasi a casa. Ancora 25 chilometri lungo la stretta cornice rocciosa a picco sul mare.
La strada si snoda tortuosa in un panorama che da un lato propone una bassa catena montuosa cosparsa di guglie rocciose dal colore rossastro, del tutto simili a quelle della Monument Valley, solo che qui alla base dei pinnacoli vi è una fittissima vegetazione - fatta di pini, alberi di mimose, una particolare varietà di quercia quasi ignifuga, ginestre ed arbusti sempreverdi – che inserendosi fra calanchi e scogliere raggiunge il mare. A pelo dell'acqua insenature, grotte, calette dalla sabbia color albicocca.
Un scenario naturalistico e balneare famoso per essere il più ben fatto del mondo.
Adesso la strada è prevalentemente pianeggiante, sono quasi arrivato. Poco prima dell'ingresso del paese incredibilmente un Hotel con il cancello sbarrato. Il cartello dice per cessata attività. Poco prima lungo il margine della strada avevo notato un chiosco con le imposte definitivamente chiuse. Segno che qui la grandine di Hollande non è passata invano.
Ad accogliermi dopo il grande cancello in legno massiccio c'è il giardino con il grande albero del pepe, le due palme, gli arbusti di lavanda, le lantane dai fiori bianchi, fucsia e gialli, gli alberi di limone disposti a siepe a separare questa parte del giardino dall'altra ancora da sistemare. Sono quindici anni che devo sistemarla. Da quando ho comprato, con enorme fatica, da una coppia di anziani tedeschi questo edificio. Una struttura del 1927 che aveva ed ha ancora bisogno di una qualche sistemazione. Ma ci sto bene anche così. Non potrei chiedere di meglio.
Al di là della strada c'è una caletta chiusa sui due lati da una serie di scogli sui quali si distende un prato con un rado boschetto di pini. E poi il posto è tranquillissimo, l'unico in questa parte di mondo dove puoi andare a dormire all'ora che ti pare sicuro di riuscirci.
Poco più avanti ci sono le città dedicate ai Santi: Raphael, Maxime, Tropez.
Dalla prima all'ultima, in condizioni normali, ci sono tre ore e mezza di macchina. La stessa differenza che c'è nella durata della vita notturna. A St. Raphael cessa alle due e mezza, a S.te Maxime alle quattro a St. Tropez alle sei del mattino.
Ho visto che a tre chilometri da casa mia stanno costruendo un residence: l'Alhambra. Come tutte le strutture del posto è disegnato da architetti ed esteticamente poco impattante. A vederle da fuori tutte queste nuove abitazioni sono bellissime. Basse, massimo e raramente due piani, con ampi giardini, piantumati da subito con elementi già adulti, e soprattutto molto ben disegnate. Sono modernissime e perfettamente integrate nell'ambiente che è quasi selvaggio.
L'Alhambra non fa eccezione. Alle sue spalle, separato da un terrapieno nel quale si apre un passaggio a volta molto simile ad un'antica porta fortificata, c'è lo spazio aperto e selvatico del monte. Un particolare questo che richiama alla mente la porta che nelle mura di Genova subito dopo il Belvedere immette in un'altrettanto potente scenario: quello del monte Righi. Una fitta distesa di pini intervallata qua e là da ampie radure, in mezzo alla quale corre un una stradina chiusa ai lati da bassi muretti.
Anche lo stesso panorama dell'Escorial. La prima volta che ho visto l'Escorial ho subito pensato al Righi. Lo stesso ambiente, la stessa stradina che prima sale, poi scende e quindi risale ripidissima sino allo spazio scoperto e selvaggio della sommità.
Il Righi è così. Solo mal tenuto.
Anche qua è così, solo molto ben tenuto.
Allora la citazione spagnola dell'Alhambra non è fuori luogo. Anche a casa trovo citazioni pertinenti. M.me Francesca ha fatto la marmellata con i limoni del giardino. Come sempre una delizia. E come sempre non resterò che pochi giorni. Come aveva detto anni fa un altro tedesco: Bisogna stare lontani dai luoghi nei quali si è stati felici. Da giovani per non perdere la spinta in avanti, da vecchi per non cedere alla malinconia.
Io non sono ancora del tutto vecchio ma ugualmente non resterò. Tornerò in Liguria.
A fare che? Non c'è niente - mi dice M.me Francesca.
Non lo so. Io sono un uomo del Settecento, che abita una casa dei primi del Novecento e vive, male, nel Duemila.
Forse faccio davvero come gli uomini primitivi ai tempi dei dinosauri. Vengo a vedere morire un mondo che non è più il mio.