Si faaa, ma non si diceee …

… cantava Milly.

Gli italici politicanti, al contrario di quell’artista, ce la cantano e ce la suonano in modo opposto.
Per loro si dice ma non si fa.

Mi era parso che gli uni avessero annunciato la loro strenua ed irrinunciabile battaglia per l’abolizione dell’IMU, quanto meno sulla prima casa. Gli altri disquisivano con molta sapienza ed ostentata ponderatezza se doveva essere abolita solo per gli immobili fino ad una certa rendita catastale o ad una cert’altra.
Quando mi sono accorto che l’IMU era sparita dal vocabolario delle “tasse” mi sono compiaciuto per la serietà dei parlamentari. Mi sono detto : persone di parola, degnissimi di sedere nel parlamento.
Ed una delle mie granitiche certezze (pochissime, 2 o 3) mi si era miseramente sgretolata.

Tasi fino al 3,3 per mille sulla prima casa” recita un articolo pubblicato da corriere.it .
E mi sono sentito rasserenato, grato ai politicanti per la ripristinata granitica certezza : si dice ma non si fa.


Oltre alla limitata buonafede questa giravolta lessicale -IMU / TASI- evidenzia un’altra fondamentale caratteristica dei politici, centrali o locali che siano.
Con l’aumento delle aliquote massime, la Tasi sulla prima casa potrà salire dal 2,5 per mille fino al 3,3 per mille, mentre Tasi e Imu sugli altri immobili residenziali, dal 10,6 per mille complessivo, potranno essere elevate fino all’11,4 per mille.
Perché questo?
Perché “… i sindaci avranno massima libertà di azione. Potranno decidere di aumentare le imposte sulle prime case o solo sulle altre abitazioni, e concedere detrazioni parametrate al numero dei figli a carico oppure al reddito dichiarato ai fini Irpef, o calcolato in base all’Isee.”.
Vale a dire : redistribuire.
E se molti politicanti sono paladini dichiarati della redistribuzione, gli altri lo sono ma non lo dicono. Cosi il redistribuente (il contribuente) versa soldi che il politico gira a favore del redistribuito (il contribuito).
E la storia continua perché il contribuente, per distrazione o per “l’ideale”, continua a votare i gabellieri mentre il contribuito, non distratto -anzi perfettamente attento- e per interesse, continua a votare i suoi benefattori che sono tali non coi loro soldi, cosa che è perfettamente legittima, ma con i soldi altrui, i nostri soldi.

Tanto per chiarire preciso che sono d’accordo col principio e la pratica dell’aiuto, del dare una mano.
In caso di emergenza o per un evento imprevisto ed imprevedibile ti vanno male le cose? Allora hai bisogno ed io ti aiuto per risollevarti. La volta che fossi io ad avere bisogno sarai tu ad aiutarmi per risollevarmi.
Quindi trovo naturale, e conveniente, aiutare il bisognoso.

Però se essere bisognoso diventa un modo di vita, una conveniente abitudine, allora si tratta di un "bisognoso di professione”, di un individuo "senza responsabilità sociale" (definizione cara ai francesi), di "chiedente di professione" perchè non aspetta l’aiuto spontaneo di altri ma lo chiede (forse? lo pretende).

In queste scritto non tocco la questione della legittimità logica delle “tasse” sugli immobili perché allungherebbe troppo il discorso. Alla luce della logica ritengo siano tassabili solo i redditi, cioè la vil moneta, per esempio i soldi della pigione; la rendita catastale è una trovata che impone una gabella su un non reddito.
Non posso credere che possa interpretarsi come un pizzo …

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