Qui una raccolta di articoli sul mondo del lavoro nella nostra Terra.
Porti ed automazione: crisi sociale
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- Scritto da Caparbia Mente
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É notizia di oggi lo sciopero dei portuali americani che sta mettendo in crisi i trasporti internazionali.
Perché quei portuali sono arrivati ad intraprendere uno sciopero così dirompente?
Beh, la retribuzione ne è un punto caratteristico. Ma non l'unico.
C'è grande preoccupazione per il loro futuro: il rischio di perdere il posto di lavoro a causa dell'automazione del lavoro in banchina.
In queste pagine abbiamo avuto già altre occasioni per evidenziare che la gran cassa sull'aumento del traffico di containers come fonte di ricchezza locale legata alla manodopera sia informazione fatua.
Viene il sospetto che sia semplicemente un'iniziativa "pubblicitaria" per far accettare una trsaformazione urbanistica irreversibile tale da lasciare ai Genovesi solamente occupazione di suolo con scarsissime ricadute economiche locali, traffico di TIR e relativo inquinamento, povertà sociale e decadimento culturale. Esattamente l'opposto di quanto ci serve per contrastare tutti i parametri negativi (fuga di talenti, scarse prospettive di lavori gratificanti per i nostri giovani, decremento anagrafico).
Non sto a ripetere concetti già espressi in questo sito (1 2 3 4 5 6 7 8 9) anche perchè la preoccupazione dei camalli statunitensi per l'automazione delle banchine si è già concretizzata in un terminal di Qingdao alla fine di dicembre dello scorso anno: l'automazione consente di cancellare l'80% del personale.
Quindi abbiamo ragione !
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- Scritto da Pierluigi Patri
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Evidentemente sì ! Abbiamo ragione a sostenere che i centri di ricerca sono attrattivi per uno sviluppo qualificato.
Sviluppo che fornisca ai nostri giovani le occasioni per realizzare le proprie ambizioni culturali e professionali.
L'abbiamo capito da tempo, tanto è vero che da parecchio in questo sito viene scritto che lo sviluppo di Genova, del Genovesato ed anche oltre dipende dalla localizzazione di centri di ricerca.
Pertanto spontanea ci sorge una domanda.
Com'è che gli Amministratori locali non l'hanno ancora capito?
Come mai sono tanto attenti a programmare l'uso di preziose aree per farne mega parcheggi di TIR?
Perchè l'interesse per un forno elettrico a Cornigliano che è ancora, sfortuantamente, occupata da produzioni povere di sapere ed altrettanto povere di valore aggiunto
L'area ex-ILVA può, deve, essere liberata da una servitù estranea alle necessità del nostro territorio; nella pianura padana, nel Bresciano ci sono fonderie e stabilimenti per la lavorazione intensiva dei metalli. Viene ovvio pensare che un laminatoio per la produzione di banda stagnata abbia una più logica sistemazione in quelle zone.
Lo abbiamo già precisato più volte: va salvaguardata una fonte di reddito per gli attuali dipendenti dell'ex-ILVA di Cornigliano e per loro gli Amministratori locali ed i Sindacati possono trovare le soluzioni idonee.
L'avvocato Matteo Daste dichiara che ci sono aziende ad alto contebuto di sapere disposte ad investire a Genova e sostiene la necessità di incrementare la ricerca applicata (NdR: che è a valle di quella teorica). Allora, cari Amministratori e cari candidati alle elezioni regionali datevi da fare e se non sapete da che parte girarvi per avere le necessarie informazioni potete rivolgervi con facilità al citato avvocato in quanto "ambasciatore di Genova nel mondo".
Idea strategica per il futuro di Genova
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- Scritto da Caparbia Mente
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Non c'è alcun dubbio: per assumere decisioni ci vogliono idee chiare !
Su Il Secolo XIX di oggi ci sono due articoli -non collegati- che ...chiariscono tutto.
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Ma è necessario un giornalistico passo indietro di pochi giorni : il 22 agosto.
Nell'articolo -di cui qui sopra vedete il titolo- Gabriele Fava, Presidente dell'INPS, ha espresso alcune considerazioni in una delle quali evidenzia un ragionamento talmente logico che dovrebbe essere fondamentale patrimonio programmatico di chiunque pratichi la politica "...occorre assicurare ai giovani lavoratori opportunità di lavoro,ben retribuito ...".
È indubitabile che una buona retribuzione possa essere ottenuta esercitando un'attività che richieda conoscenza cioè il sapere.
E qui cascano gli "asini"!
Vedo se riesco a dimostrarlo.
Nel primo articolo citato l'autore -Alberto De Sanctis- evidenzia che l'istruzione è un benefit per evitare la povertà.
Infatti la scuola funziona (come è messa quella attuale si deve dire "dovrebbe funzionare") da ascensore sociale perché consente di acquisire conoscenza.
Quindi conoscenza come mezzo per avere benessere economico, culturale e sociale.
Allora un politico deve puntare ad una scuola di qualità in cui, con gli strumenti idonei, tutti gli studenti devono essere messi in grado di imparare acquisendo anche il senso di responsabilità : studi allora avrai bei voti, non studi quindi avrai brutti voti.
Ma gli "asini" cui ho fatto riferimento non sono gli studenti ma i politicanti che non provvedono a costruire una scuola meritocratica che vada di pari passo col senso di responsabiltà.
Fine della prima tappa.
Seconda tappa.
Fatti gli studenti bisogna fare le "... opportunità di lavoro,ben retribuito...".
Qui cascano gli altri "asini".
Se la conoscenza consente di ambire a lavori con soddisfacente riconoscimento economico gli eletti (periferici e/o centrali) devono assumere tutte le iniziative atte a favorire l'insediamento di attività in cui gli studenti trovino le condizioni per realizzare le proprie aspettative.
Vale a dire attività ad alto contenuto di conoscenza e ad alto valore aggiunto.
Sarà, allora, una fonderia (secondo titolo citato) a soddisfare le aspettative dei giovani?
Pare poco probabile anche se c'è chi -secondo quanto riportato nell'articolo- si mostra "... molto interessato all'ipotesi allo studio..." pensando allo sviluppo occupazionale.
Occupazione verosimilmente caratterizzata da scarso contenuto di conoscenza almeno per la gran parte degli (tanti? pochi?) assunti per far funzionare un forno.
Quindi, egregi amministratori, non stupitevi se i residenti diminuiscono, se i giovani qualificati cercano lavoro altrove impoverendo il tessuto sociale ed economico di Genova.
Non attaccatevi al telefono (inteso come numero di agganci alle celle della telefonia mobile) per tentare di dimostrare che gli utilizzatori della Città stanno crescendo.
Tutto va ben, Madama la Marchesa,
va tutto ben, va tutto ben,
però l’attende forse una sorpresa
che dir non posso fare a men ...
Ai candidati per le prossime elezioni regionali
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- Scritto da Pindaro
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Pubblico il titolo dell'intervista di Silvia Pedemonte al Prof. Gianaurelio Cuniberti per aiutare i candidati alle elezioni regionali.
Per aiutarli ad arricchire il ventaglio dei loro programmi elettorali con idee da realizzare (e non lasciare sulla carta per successive campagne elettorali).
Qui trovate due "ritagli" dell'articolo in cui sono esplicitate interessanti considerazioni per chi sarà chiamato a governare la Liguria.
Candidati, prendetene nota perchè vi saranno utili per dare una svolta ad un territorio che sta impoverendosi culturalmente e socialmente.
Pensioni, lavoro… e Genova
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- Scritto da Riceviamo e pubblichiamo
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Non sembrano esserci più dubbi sul fatto che i giovani che si affacciano oggi al mondo del lavoro
dovranno aspettare i loro settanta e più anni per godere della pensione, pensione peraltro molto
misera e incapace di garantire un accettabile livello di vita. Tutto questo ha diverse cause:
l’aumento dell’aspettativa di vita, il “gelo demografico” che riduce la platea di contribuenti, la
sempre minore disponibilità di fondi da destinare alle pensioni “pubbliche”. Un rimedio,
sperimentato da sempre nei paesi anglosassoni, dove la pensione pubblica è di mera sussistenza, è
creare robusti fondi integrativi aziendali e favorire il ricorso a forme di accumulo di denaro per la
vecchiaia a titolo volontario e privato. In Italia tutto questo non avviene perché un Fisco spietato (e
miope) taglieggia i rendimenti dei fondi integrativi e scoraggia il ricorso alla previdenza
individuale. Ma non è questo il tema centrale.
Il problema più grave è dato dalla lunghezza stessa della vita lavorativa che si prospetta.
Immaginando un giovane che inizi a lavorare a 25 anni, avrà davanti quasi mezzo secolo prima di
godere della pensione.
Vediamo ogni giorno cambiamenti negli strumenti e nelle modalità di lavoro.
Vediamo sparire antiche professionalità, soppiantate da automazioni più rapide ed economiche, ne vediamo nascere di nuove, senza sapere quanto respiro temporale avranno a fronte del progresso continuo e in continua accelerazione. In mezzo secolo le persone dovranno affrontare un numero imprecisato di cambiamenti per non venire espulsi dal mondo del lavoro. Delle odierne esisteranno solo alcune professionalità estremamente specializzate o attività artigianali di altissimo livello.
Questo comporterà un immenso sforzo di continua formazione per le persone; per la politica la
capacità di immaginare risorse e strumenti per non lasciare nell’indigenza intere fasce di popolazione.
L’alternativa è un futuro fatto di poche persone attive riccamente retribuite e una massa di disoccupati, o sotto occupati, che sopravvivono grazie a sussidi.
Purtroppo il panorama politico odierno non lascia ben sperare rispetto al primo scenario. Spremere i
(pochi) contribuenti ed erogare sussidi è più facile e redditizio dal punto di vista elettorale.
Se si guarda alla realtà genovese, la preoccupazione aumenta.
Esistono realtà innovative come l’IIT, ma sembrano slegate dalla realtà cittadina; per il resto, oltre alla cronica difficoltà dei genovesi a fare fronte comune per affrontare i problemi che affliggono la città, non si vede niente di diverso dai soliti poli: porto e acciaio. La crisi di quest’ultimo è pluridecennale, acuita a Genova dal fatto che i laminatoi sono alimentati da rotoli a caldo prodotti a un migliaio di chilometri di distanza, con una immaginabile ricaduta sui costi.
Anche in questo settore non è difficile immaginare la crescita della automazione e una minore richiesta di manodopera.
Per quanto riguarda il porto, l’impatto dell’automazione sulle manovre di carico e scarico dei container sarà sempre maggiore e pochissime persone potranno gestire un sempre crescente numero di navi. Non è da trascurare anche il possibile impatto della situazione geopolitica del Mediterraneo e del Medio Oriente. L’attuale guerra in Palestina, con le sue ricadute sulla navigazione nel Mar Rosso e verso Suez, ha già provocato un forte aumento dei tempi di navigazione e, di conseguenza del costo dei trasporti. Se in tempo di pace, con la rotta del Canale sicura, i porti del Mediterraneo sono utilizzabili per avviare via terra le merci verso il centro-nord Europa, la rotta che circumnaviga l’Africa spinge ad utilizzare direttamente i porti del Nord come Rotterdam. Uno scenario di cui non si riesce a vedere la conclusione e che potrebbe ripetersi in qualsiasi momento.
Resta il turismo, le crociere e il loro indotto, benvenuto per limitare la crisi, ma con la
consapevolezza che non sarà mai sufficiente per mantenere in vita una grande città.