Qui una raccolta di articoli sul mondo del lavoro nella nostra Terra.
Crisi dell'ILVA ? Un'occasione da cogliere con la Zona Franca
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- Scritto da Pierluigi Patri
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Un servizio di un’emittente Genovese relativo alle vicende dell’ ILVA tuttora in corso riporta la notizia che ArcelorMIttal ha confermato un piano di investimenti da 5,3 miliardi in 7 anni; di questi solo 60 milioni sarebbero destinati a Genova, tra cui 15 per la linea della banda stagnata. I sindacati ritengono che un intervento del genere ne richiederebbe 150 per funzionare a pieno regime. "Di fatto è un addio" ha detto Manganaro, segretario della Fiom genovese.
Non so dire se quanto temuto dal sindacalista possa essere il preludio allo smantellamento di quello stabilimento che costituisce -come già evidenziato- un mastodontico corpo estraneo rispetto alle caratteristiche orografiche e di intrapresa del nostro territorio.
Qualora l’area dell’acciaieria venisse finalmente liberata sarà l’occasione propizia per ralizzare la Zona Franca, cioè una propsta del Professor Uckmar di cui si era discusso negli anni '90 del secolo scorso.
Allora non se ne era fatto nulla per "disinteressi" probabilmente convergenti.
Nell'articolo della "Gazzetta del Lunedì" del 9 agosto 1999 il Professore dichiarava che "Le carte sono fatte, c'è il via libera del ministero delle Finanze, manca solo l'interesse degli imprenditori.".
L'accordo di programma per la chiusura dell'altoforno dell'acciaieria doveva ancora essere sottoscritto dalle parti ed il timore di perdere una platea di consensi elettorali potrebbe aver indotto a rinunciare a passi più coraggiosi peraltro percorribili pianificando una riqualificazione dei dipendenti dell' ILVA.
L'espansione dell'economia cinese ha travalicato l'Asia interessando altri continenti e sta rivolgendosi anche all'Europa col progetto della nuova "Via della Seta" definita "One Belt, One Road" oppure "Belt & Road" altrimenti "BRI" (Belt Road Initiative).
Come scritto nella rubrica "ORSI & TORI" di Milano Finanza dell' 11 u.s. l'attenzione dei Cinesi ha puntato i porti di Trieste e Venezia che, guardate il caso, godono e progettano di godere di una zona franca.
L'importanza del progetto "One Belt, One Road" è stato colto anche a Genova e nel corso dell’assemblea annuale l'Associazione Ligure Commercio Estero ha rilanciato la proposta di una Zona Franca nel Porto di Genova a cui auspicabilmente affiancare una Zona Economica Speciale (ZES).
Per capire l'importanza di una ZES e quanto interesse suscitano queste zone è sufficiente digitare in un motore di ricerca : Zona economica speciale.
Per quanto sopra riteniamo auspicabile che il timore del sindacalista si concretizzi e che la siderurgia se ne vada lontana da Genova; la Città ha già pagato un prezzo troppo alto per sopportare quel tipo di attività.
L'area attualmente occupata dall'acciaieria ha un'estensione notevole, è dotata di banchine per l'attracco delle navi ed è confinante con l'areoporto Cristoforo Colombo; tutte caratteristiche che la rendono sede ideale per Zona Franca e ZES assicurando un facile e diretto accesso ai trasporti.
Questa evoluzione non comporterebbe rischi per gli attuali dipendenti ILVA che potranno mantenere il lavoro riqualificandosi secondo le esigenze delle nuove attività che si svilupperanno nell'aree, completamente e definitivamente, ex-ILVA.
È una sfida per lo sviluppo economico della nostra Terra che questa volta i Genovesi devono cogliere, affrontare e portare a termine con successo.
Sono troppi anni che aspettiamo questo progresso. non lasciamoci sfuggire l'occasione perchè da altre parti non ci aspettano e corriamo il rischio di perdere importanti traffici col conseguente indotto di soldi, attività economiche e culturali collaterali.
I poveri ... ed i NEET
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- Scritto da S. Paolo
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In una lettera di De Silva Marco, responsabile Ufficio Economico Cgil Liguria, pubblicata su “Il Secolo XIX” di martedì 25 luglio è scritto che “Nel 2016 l’incidenza della povertà assoluta sale al 26,8 per cento … tra le famiglie con tre o più figli minori …”.
Si tratta di una percentuale elevata anche se è lapalissiano che sfamare più bocche costi di più che sfamarne meno con la conseguenza che i denari entrati in casa non siano a sufficienza.
Però per capire meglio i motivi di questa percentuale sarebbe utile conoscere i dati sul percorso lavorativo degli interessati.
Forse non è casuale che l’Italia detenga il record europeo dei “NEET”: 19,9% nello scorso anno, peraltro in ribasso rispetto al 21,4% del 2015.
“NEET” è l’acronimo di “Not (engaged) in Education, Employment or Training” ; sono gli individui tra i 15 ed i 24 anni che non lavorano, non studiano e non sono impegnati in attività di formazione . Cioè elementi che fanno assolutamente niente.
Pertanto oltre a riportare il dato del 26,8 % che impietosisce il cuore non sarebbe utile analizzare i motivi per cui si è arrivati a quella percentuale?
Gli interessati da povertà assoluta hanno mai lavorato? Per quanto tempo? Se non hanno lavorato od hanno lavorato poco quali sono i motivi?
Probabilmente i Sindacati in quanto più vicini ai lavoratori, ma anche ai non lavoratori, potrebbero raccoglie più facilmente quei dati che -forse- consentirebbero di farci capire meglio perché le cose stiano come stanno e fornirebbero un aiuto per trovare un efficace rimedio risolutivo.
3° : Ricordati di santificare le Feste
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- Scritto da Peter Beffroy
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A novembre avevo ordinato delle scarpe, già in catalogo, ad un piccolo calzaturificio trentino.
Visto che durante 40 giorni non ho ricevuto nessuna nuova ho pensato che il corriere, o non avendo trovato l'indirizzo (capita) o non essendo riuscito a mettersi in contatto con me per la mia assenza, avesse rimesso il collo a magazzino per la restituzione al mittente. Quindi ieri, domenica, ho inviato una e-mail alla Ditta chiedendo se per caso le cose fossero andate come avevo immaginato.
Tempo mezz'ora mi ha chiamato il Titolare che, si noti bene, di domenica e subito dopo pranzo stava lavorando!!!!
Mi informava che l'ordine è ancora in esecuzione perchè uno dei modelli ordinati richiedeva una finitura a mano.
Sono rimasto veramente dispiaciuto per averlo disturbato.
Quest'uomo stava lavorando. Santificando la Festa comandata in un modo tutto contrario all'andamento comune. Eppure, per quanto la mia richiesta non avesse nessun carattere di urgenza e tanto meno imputasse qualcosa alla sua Ditta -come detto temevo di aver creato loro un disguido dovuto alla mia assenza da casa- nel pieno della concitazione per l'esecuzione degli ordini in tempo per il Natale non ha perso tempo per mettersi in contatto diretto. Con un cliente qualsiasi.
Spesso ci si domanda come fanno coloro che escono dalla crisi economica, ecco la risposta:
3° santificano le Feste, lavorando;
4° cercano di non perdere i clienti, per quanto piccoli possano essere.
Come diceva Don Pietro, arciprete al mio paese ai tempi trascorsi: se alla domenica avete da lavorare, potete fare a meno di venire a Messa. La Festa la santificate già lavorando.
Valorizzare la nostra Terra
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- Scritto da Pierluigi Patri
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Basta guardarLa dall’aereo quando si sta volando verso l’aeroporto Cristoforo Colombo; che si arrivi da levante o da ponente la nostra Terra è lì e si può abbracciarLa con lo sguardo.
Da lassù si capisce quanto sia bella e preziosa e per questo il logo dell’Associazione “ A crinn-a di monti” la rappresenta con i confini d’oro, una pennellata verde per indicare la Liguria dei Monti ed una blu per indicare la Liguria di Mare
Stretta e scoscesa verso Nord e verso Sud fa immediatamente capire che le attività per valorizzarLa ed arricchirLa vadano scelte con adeguato criterio e noi riteniamo che la selezione debba passare attraverso un semplice filtro : alta resa qualitativa per unità di superficie.
Per ottenere questo risultato occorre insediare attività a spiccato contenuto scientifico e tecnologico che necessita, ovviamente, di lavoratori della conoscenza di livello elevato.
Per esplicitare il concetto è sufficiente fare il paragone tra l’Italsider di Cornigliano e l’Esaote di Sestri Ponente.
La prima ha avuto un grave impatto ambientale e sociale ed è estesa su una grandissima area con basso tasso di occupati per unità di superficie, Esaote ha un impatto ambientale minino ed un rapporto occupati per unità di superficie nettamente superiore avendo, per di più, un’altissima concentrazione di lavoratori della conoscenza rispetto alla prima.
Proprio per come intendiamo le modalità di sviluppo della nostra Terra ci ha fatto molto piacere leggere quanto riportato in un articolo de “Il Secolo XIX” di mercoledì 3 maggio
L’attività di studio e realizzazione di fili superconduttori svolta da Columbus Superconductors S.p.A. a San Desiderio (Genova) e lo sviluppo, produzione, installazione e test di sistemi che sfruttano la superconduttività realizzate a La Spezia dalla ASG Superconductors S.p.A , nell’ex-stabilimento di lavatrici San Giorgio, dimostrano come l’alta tecnologia possa trovare spazio nella nostra Terra coniugando ricchezza materiale e scientifica.
È la combinazione perfetta per un territorio orograficamente difficile che impone di essere utilizzato al meglio realizzando attività ad altissimo contenuto intellettuale, tecnologico ed economico : noi non abbiamo ampie pianure da sprecare con catene di montaggio a bassa densità di occupazione e limitato contenuto tecnologico.
Pertanto speriamo risulti chiaro a coloro che orientano e decidono le scelte per la nostra Terra quanto il trinomio ricerca-attività di elevata tecnologia-ricchezza debba essere la linea guida di costante indirizzo.
AMT , carne da macello?
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- Scritto da Peter Beffroy
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Da martedì 19 novembre i dipendenti di AMT (Azienda Mobilità Trasporto del comune di Genova) sono in sciopero.
Dopo tre giorni di ansia, alterazione, raid nell'aula del Consiglio comunale, prese di posizione, blocchi stradali, respingimento delle ingiunzioni di precettazione, oggi per il quarto giorno l'agitazione continua.
Non è più uno sciopero.
E' un avvenimento epocale. Quasi un inizio di rivoluzione.
E' dalla “settimana rossa” del giugno 1914 che non c'è più stato un così forte vento di protesta. Allora furono socialisti, repubblicani e anarchici a scendere in piazza contro l'uccisione di tre giovani operai ad Ancona. Oggi sono i dipendenti dell'AMT Genova, a scendere in piazza contro l'in-efficientismo della politica, i condizionamenti dell'economia, l'indifferenza delle persone.
Se gli abitanti della città fossero intellettualmente onesti scenderebbero in piazza insieme agli autisti.
Occuperebbero Piazza della Vittoria ad oltranza. Costi quello che costi. A cominciare dal futuro biglietto del bus naturalmente.
Siccome i genovesi intellettualmente onesti non sono, non scenderanno in piazza con gli autisti.
E qui si apre il primo fronte sul quale è ingiusto mandare a morire i dipendenti.
Il servizio di trasporto pubblico a costi (per l'utenza) oltremodo protetti più in là che insostenibile economicamente è culturalmente sbagliato.
Il senso del trasporto pubblico è quello di permettere gli spostamenti all'interno di una determinata area (città, paese, ecc.) secondo una scala di priorità. Per cominciare chi si sposta per necessità inderogabile (lavoro, urgenze, ecc.) , per finire chi si sposta per svago o passatempo.
Per questo in tutto il mondo civile i biglietti del bus costano da € 1 a corsa in su.
A Genova invece il costo è di € 1,50 per 100 minuti. Così chi sale sul bus per necessità e fa, poniamo, due corse al giorno (andata e ritorno) spende almeno 3 € (contro i 2 del sistema europeo) mentre chi lo prende per diletto gira tutto il giorno con quattro soldi.
Per quale ragione?
Perché il concetto che ha guidato le generazioni passate dei genovesi è stato quello del malthusianesimo. L'idea cioè che una società composta di vecchi, possibilmente pensionati, potesse essere più vitale di una fatta di giovani.
Secondo questo concetto il pensionato era visto come una futura fonte illimitata di ricchezza pubblica , data appunto dalla pensione. Una rendita abbastanza facile (visto che era ottenuta senza un autentico rapporto reale con la posizione contributiva) che avrebbe soddisfatto le esigenze future della popolazione medesima.
Invece questa rendita se ne è andata tutta a finire in “badanti” e sanità e gli spavaldi malthusiani di ieri oggi sono dei vecchi miseramente costretti a prendere l'autobus per svago. L'unico rimastogli.
Risultato: un servizio sempre più ridotto nella qualità, sempre più in deficit nella quantità.
Qui si apre il secondo fronte sul quale è arbitrario mandare a morire i dipendenti.
Il vuoto politico che ha segnato il rapporto fra la città di Genova ed il suo sistema di mobilità urbana.
La nozione ed il concetto di mobilità urbana a Genova sono morti quando sono stati tolti i tram: il 27 dicembre 1966. Da allora il trasporto pubblico di superficie ha cessato di essere un elemento essenziale della mobilità. Infatti il tram movimenta più passeggeri del bus, è più longevo e più veloce.
Così mentre in Italia e in Europa si mantenevano o si introducevano i tram, Genova li toglieva.
Poco dopo provvedeva a sopprimere anche i filobus.
Da allora tutti gli ulteriori interventi sono stati orientati ad un taglio del servizio, tanto che ad oggi alcune zone della città, come la Val Bisagno, di fatto sono quasi sprovviste di linee di trasporto pubblico mentre le aree centrali sono servite da una modestissima linea di “metrò leggero”.
Costata l'ira di Dio e con tempi commerciali di prestazione fra una stazione e la successiva (calcolati a partire dall'entrata e uscita dei sottopassi) superiori a quelli impiegati sulla stessa tratta in superficie da un pedone.
Per saperne di più basterebbe leggere le pubblicazioni di Claudio Serra, il più autorevole studioso genovese in materia. Sennonché nessuno legge.
Né i libri, né gli atti della Civica Amministrazione.
Tutte le questioni, politicamente, sono sempre state affrontate costretti dall'emergenza che serrava alla gola e talvolta con dei modi che fanno temere si volesse tacere qualcosa di essenziale.
La ridefinizione di AMT, AMIU e ASTER da comunali a società partecipate, oltre che una risposta a problemi oggettivi di bilancio, onestamente parlando portava già in sé un orientamento verso la privatizzazione di quelle società.
Al tempo il comune di Genova aveva circa 8.000 dipendenti ed anche i sostenitori più accreditati del principio del “posto pubblico” per tutti avevano ben presente che prima o poi tale carico finanziario sarebbe risultato difficilmente sostenibile per l'Amministrazione.
La costituzione delle “partecipate” non risolveva il problema ma certamente poneva le basi per risolverlo in una maniera più diretta. Come detto, una qualche forma di privatizzazione.
Restano invece tutte da verificare le voci circolanti nei corridoi del Comune, secondo le quali già dall'inizio della storia fra le ipotesi dell'intero processo di ristrutturazione-dismissione aziendali fosse stata presa in considerazione anche quella del possibile fallimento finale.
Ho dei dubbi su tutto ciò, se non altro perché il costo finale per la collettività sarebbe stato ancora più alto, tuttavia non si può negare che nel corso degli anni '90 l'evolvere darwiniano, la competizione serrata, intimamente veniva considerata giusta da molta parte della Sinistra.
Sia come sia il Sindaco Doria, essendo l'ultimo arrivato, evidentemente è quello che ha meno colpa di tutti. Il suo difetto è quello di aver temporeggiato.
Oggi non è più possibile.
Le vicende del mondo viaggiano ad una velocità impressionante. Ciò che si vede ora non sta accedendo in questo preciso momento ma è accaduto ieri o avantieri in un posto lontanissimo.
Per essere al passo con i tempi della contemporaneità bisogna vivere costantemente nel futuro prossimo, non nel presente. E' un intero sistema di pensiero che va modificato.
La crisi economica dei nostri giorni ha fatto di questa esigenza un imperativo categorico. E' pronta Genova ad un simile passo? O cullandosi nel falso mito della città “crudele e carnivora” preferirà prendere tempo sacrificando come carne da macello l'AMT?