A Bologna ci sono i Bolognesi

... e ad Altrove ci sono gli Altroviani.

Durante la trasmissione “L’Aria Che Tira” di ieri ho sentito le considerazioni di due giornalisti : Pietrangelo Buttafuoco e Paolo Graldi.

Nella parte della trasmissione intitolata “Rifiuti, l’eterna spina nel fianco dei Governi” il primo rileva come i problemi in territori diversi trovino risposte diverse precisando che “… far fronte ad una situazione che da Roma in giù è complicata politicamente .” (tempo -1:23’:50”)

In una parte successiva -“Salvini eroe dei 2 mondi, dalla padania al sud”- il secondo, in riferimento alla capacità gestionale delle amministrazioni locali, dice: “Quando c’era Dozza, Sindaco di Bologna, ed anche gli altri -Zangheri- gente - e anche Fanti- molto competente però si diceva: i comunisti sanno amministrare benissimo Bologna. Andava detta in altro modo: a Bologna c’erano i Bolognesi che si rimboccavano le maniche.” (tempo -1:17’:59”)

Queste considerazioni mi hanno confortato e rafforzato in una mia convinzione : non sono i partiti che fanno la differenza ma l’etica di un gruppo sociale di cui i politici devono -per forza- rispecchiare almeno qualcosa.
Due esempi ortofrutticoli chiariscono meglio il concetto : da un albero di pere non nascono delle mele ; se metto una mela marcia in un cesto di mele buone quelle buone non riescono a trasformare quella marcia ma è la marcia che fa andare in malora le buone.
I lettori potranno ritenere siano due considerazioni banali (le mie, non quelle dei due giornalisti) ma con queste vorrei evidenziare due aspetti.
L’etica di un’etnia si sviluppa nel corso dei secoli e, quando racchiude aspetti positivi, rappresenta un tesoro inestimabile da salvaguardare con estrema attenzione e cura.
Per contro il rischio che l'etica si degradi è sempre presente, il danno -magari indotto da argomentazioni apparentemente plausibili- si instaura silenziosamente e velocemente diventando presto irreversibile.

Genovesi, Liguri prestiamo molta attenzione ai rischi di una ulteriore degenerazione del nostro Spirito, della nostra Etica.

Siamo ancora in tempo per rimediare, altrimenti finiremo per perderci.

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Squola itagliana

… e anche “ggiustizzzia”.

La condizione in cui viene mantenuto un appartamento dà l’idea di come funzioni la famiglia che vi abita.

In modo analogo il funzionamento della scuola e del sistema giudiziario danno l’idea dello stato della società, cioè dei suoi abitanti e dell’etica che li accomuna.

La notizia è recente ma i fatti risalgono a tre anni fa : una “maestra” che scrive “squola”.

Episodio eclatante che suscita alcune considerazioni.

Non è dato sapere l’età di quell’individuo né quando fosse stato assunto ma dall’anno accademico 2011-12 è necessario conseguire la Laurea in Scienza dell’educazione primaria il cui corso dura 5 anni.

Se in 5 anni non è emersa tanta crassa ignoranza significa che quel corso non funziona adeguatamente. E se si volesse sostenere, con molta fantasia, che le parole “squola” e “sciaquone” non debbano necessariamente attraversare il percorso formativo di un laureando il problema viene solo anticipato alle medie superiori, altrimenti a quelle inferiori o alle elementari.

Conclusione : il corso complessivo della formazione non ha funzionato.

Andiamo avanti.

Per arrivare ad occupare il posto di insegnate è stata assunta con una sanatoria oppure ha dovuto sostenere qualche concorso?

Conclusione : in un modo o nell’altro il sistema di verifica/selezione non ha funzionato.

In questa vicenda ha modo di rifulgere anche il sistema giudiziario per la rapidità che lo caratterizza.

Se “Il caso è venuto a galla tre anni fa, …” ed il Ministero dell’Istruzione “L’aveva messa alla porta, dopo la scoperta dei suoi ripetuti strafalcioni “ succede che solo “Ora [il licenziamento] l’ha confermato il giudice del lavoro di Venezia ..”.

Ma quanto tempo ci vuole per stabilire che “squola” e “sciaquone” (più gli altri errori) impongono un indiscutibile licenziamento? Il ricorso presentato da quella “maestra” avrebbe dovuto costituire un’aggravante immediata tale da condannarla alla restituzione di quanto indebitamente percepito per manifesta incapacità; inoltre per l’insipienza e la prosopopea dimostrata presentando il ricorso si meriterebbe un periodo di lavoro in miniera lungo quanto è durata la sua attività nella scuola.

In questo sito abbiamo già scritto di come intendiamo debba funzionare la Scuola nella nostra Terra e l’episodio accaduto rafforza il senso di forte disagio verso la nostra permeanza nel condominio peninsulare (… a proposito di appartamento).

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Né secessione, né autonomia, qualcos'altro: della Speciale Libertà.

Nell'ultimo mese il dibattito pubblico si è molto incentrato attorno al caso “Catalogna”. Ossia se esista il diritto di una comunità, se la maggioranza di quel territorio lo vuole,  a separarsi dall'insieme nazionale.

Parrebbe di no.
In effetti, rileggendo le esperienze di autodeterminazione promosse in giro per il mondo negli ultimi 40 anni, l'unica comunità territoriale che ha visto riconosciuto il diritto a separarsi dall'insieme nazionale è stata quella del Kosovo.

Ciò per due motivi.
Perché  il principio dell'autodeterminazione dei popoli (ONU 1970) non stabilisce dei passaggi certi. Più che altro sembra essere  scaturito dall'esigenza di sancire il diritto all'indipendenza di tutte quelle genti sottomesse ad un dominio coloniale. Quindi solo le comunità sottoposte ad una autorità o ad un potere centrale prevaricante ed assoluto possono  aspirare all'indipendenza.
In secondo luogo perché indipendenza c'è se qualcuno  te la riconosce. Qui il caso del Kosovo diventa emblematico. Il suo status  fu  infatti riconosciuto da diversi paesi nel mondo, mentre altri tutt'ora lo negano.
Tant'è. Ne deriva che senza un riconoscimento internazionale nessuna comunità o popolo può effettivamente dirsi ed essere indipendente.

Diverso è il caso dell'autonomia, più o meno speciale, alla quale ogni specifica comunità (in Italia, regionale) ha diritto secondo i limiti ed i principi  stabiliti dalle Leggi.

In Italia sono 5 le Regioni a Statuto Speciale. Altre vorrebbero diventarlo. Veneto e Lombardia hanno appena tenuto un referendum sul tema della richiesta di un nuovo livello di autonomia.

Ma quando una comunità regionale è tanto speciale da aver diritto ad analogo Statuto?

Forse quando produce tanto reddito come la Lombardia? Oppure quando si manifesta come un  insieme palpabile, visibile, con basi storiche, linguistiche, culturali e territoriali ben definite ed effettivamente distinte dall'insieme nazionale?

Se così fosse, rimanendo in Italia ed a titolo di esempio, si potrebbe senz'altro dire che i Sardi si differenziano. Tanto da potersi identificare, come effettivamente loro si sentono, quasi come una “Nazione”. Tali i Sudtirolesi.

E quando un insieme si dimostra come particolare, differente, palpabile, visibile per le sue caratteristiche storiche, linguistiche, culturali e “vocazionali” ma non ha una base certa territoriale, non perché ne sia effettivamente privo ma al contrario perché tende a costituirne una, replicandola sempre uguale a sé stessa, per ogni luogo in cui ciascun suo appartenente si trova *,  che cosa succede?

Ha quella comunità il diritto ad una autonomia che ne riconosca le peculiarità, oppure no?

 

Questo è il caso dei Liguri.

Un Popolo, probabilmente una Nazione, pur in assenza di una Patria terricola.

Come per gli antichi Greci anche i Liguri sono sempre esistiti, singolari e differenti da tutto l'intorno. Come per la Grecia antica, che come unità territoriale non è mai esistita, anche la Liguria come unità amministrativa non è mai esistita. Neppure la Repubblica di Genova ambiva a riunire i Liguri in una Liguria.

Però i Liguri esistono.

Esistono come il “peccato mortale della psicologia”. Nel senso che sono indifferenti alla morte.

Nei Liguri la lingua, la voce, la serietà, la brevità dei testi, gli studi, le mode, la riservatezza negli annunci, il gusto per l'isolamento, il piacere assolutamente privato per la bellezza, fanno riconoscere un sentimento di unicità e di grandezza che c'entra molto con il senso della vita in cui si incarna.


Tutto questo non può essere liquidato con delle spiegazioni libresche o di maniera. Richiama piuttosto ad una vocazione: quella di sentirsi immortali. Non perché il Ligure non muoia. Perché il Ligure continua a vivere oltre la morte; nelle cose che lascia.

Allora, chi rifugge al senso di morte che attanaglia la monotonia esistenziale dei più ed intende la vita come eterna, se non può chiedere la secessione e non sa che farsene dell'autonomia, può sperare in qualcos'altro: il riconoscimento della sua Speciale Libertà?

* "Tanti sum li Zenoeixi, e per lo mondo si desteixi, che dund eli van e stan un'aotra Zena ghe fan"
    (Rima dell'Anonimo Genovese  , sec. XIII d.C.)

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Rifiuti ed incendi. Prevenire i danni è possibile !

Ieri sera è divampato un incendio nell’azienda Fg Riciclaggi di Cairo Montenotte (Savona), sono stati coinvolti alcuni capannoni che contenevano legname, plastica e pneumatici col conseguente inquinamento e grave rischio per la salute tanto che oggi sono state chiuse le scuole in quattro Comuni.

Pochi giorni fa a Corteleona e Genzone (Pavia) l’incendio -per ipotizzato dolo- di un capannone che conteneva materie plastiche ed altro materiale non meglio definito ha causato la stessa emergenza con analoghi rischi.

Da tempo sosteniamo che certe attività potenzialmente pericolose per la salute e per l’ambiente devono essere localizzate in strutture sicure, facilmente controllabili e che in caso di incidente consentano di confinare i rischi in modo rapido ed efficace.Ai tempi di Sansa sindaco di Genova (1993-1997) era stata prospettata la sistemazione dell’inceneritore dei rifiuti nella centrale ENEL situata in Porto, nei pressi della Lanterna. Per ovviare a quella sciagurata ipotesi avevamo proposto, con il supporto tecnico dell’Arch. Fernando De Simone, la costruzione di quell’impianto in una caverna da realizzare nelle colline retrostanti la Città.

Se analoga soluzione fosse stata attuata per le strutture coinvolte in questi giorni quei disastri non sarebbero avvenuti non solo perché le emissioni sarebbero state confinate in caverna ma anche l’indispensabile presenza di ossigeno che alimenta le fiamme sarebbe stata velocemente impedita.

Inoltre, se sarà dimostrato il dolo per il caso di Corteleona-Genzone, è evidente che un deposito situato in caverna, con accessi facilmente controllabili e presidiabili, avrebbe impedito il crimine.

In sostanza l’adozione della soluzione che avevamo proposto allora, e che continuiamo a sostenere per tutti i casi adatti, comporta certamente un maggior costo iniziale ma alla luce dei recentissimi eventi fa ben intendere quali sarebbero i risparmi ottenuti evitando tutti gli impegnativi interventi di spegnimento e di bonifica.
E per i costi sociali (salute ed intralci alle attività a quotidiane) sarebbe molto interessante conoscere il parere di chi abita in quelle località.

Vale la pena di spendere qualche soldo in più oggi per poter risparmiarne molti di più domani.


Vi pare una cosa banale ?

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Paese che vai... 2 - La strana sorte di Sami il giardiniere

Sami, figlio di Massoul, è un giardiniere come il padre. Dal genitore, ha appreso il mestiere e con il genitore ha lavorato lungamente.

Massoul è arrivato in Europa dalla Tunisia quasi 50 anni fa ed avendo talento e passione ben presto è diventato un giardiniere di fama, tanto da lavorare quasi esclusivamente per i signori benestanti di un quartiere esclusivo nei pressi di casa mia.

Sami, invece, ha cominciato a lavorare con il padre più per la volontà di quest'ultimo di vederlo sistemato che per passione. Infatti la vera passione di Sami sono sempre state le auto veloci. Una passione che da ragazzo più di una volta lo ha messo nei guai.

In quegli anni i benefici di Legge lo hanno salvato dal disastro.

Sia come sia, ad un certo punto Sami è diventato un giardiniere, un buon giardiniere. Lontanissimo dal talento del padre, certo, ma sempre un giardiniere di qualità tanto da affiancare il genitore nella cura dei prestigiosi giardini di cui sopra.

Tutto sembrava andare per il meglio finché un giorno, approfittando della contemporanea assenza del padre e dei legittimi proprietari, Sami è tornato alla sua antica passione svuotando i garages delle ville dove solitamente lavorava e delle quali, naturalmente, aveva le chiavi.

Prontamente arrestato, in virtù dei suoi precedenti, è stato condannato ad alcuni mesi di prigione.

Una volta tornato in circolazione, il vecchio Massoul, forse per tenerlo lontano dalla galera, ha spedito Sami in Tunisia, dove il figlio evidentemente ha continuato a delinquere.

Arrestato un'altra volta è finito in galera; lì, però, senza alcun beneficio -seppur minimo- di Legge. Giacché parrebbe che in Tunisia l'uso sia che il ladro o rimborsa il danno o resta in galera a scontare la pena  finché in qualche modo non trova un accomodamento con il derubato.

Strana sorte dunque quella di Sami.

Scontento del suo presente in Europa, dove in qualche modo poteva giustificare tutto quello che faceva, è tornato a quello che il padre convinto fosse il posto migliore per lui: l'antico paese di origine.

Questa speranza dell'anziano genitore non ha tenuto conto però della vecchia massima: paese che vai, usanze che trovi.

 

N.B. questa "incredibile" storia riferisce fatti realmente accaduti; di inventato ci sono solo i nomi dei protagonisti.

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