Occhio non vede, cuore non duole.
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- Scritto da Baciccio
- Categoria: costume e società
Occhio non vede, cuore non duole. Una semplice espressione popolare che dà voce al nostro vissuto.
Se una cosa per noi preoccupante non si vede è verosimile riuscire a non provarne timore.
Questa, in due righe, potrebbe essere la chiave di lettura alla base del modo adottato dalla Protezione Civile per conteggiare il numero giornaliero di soggetti positivi al Coronavirus.
Difatti l'incremento dei nuovi contagiati viene solitamente comunicato non facendo riferimento a quanti, in quella data giornata, sono risultati per la prima volta affetti dal virus ma depurando da tale valore il numero dei guariti e dei deceduti. Come se le persone comprese in questi due ultimi gruppi facessero tutte parte dei nuovi pazienti appena posti in terapia. Invece logica vorrebbe che si facessero conteggi distinti con conseguenti dichiarazioni sullo stato dei fatti.
Come detto, questa scelta forse trova un principio nel senso tracciato dall'antico detto popolare. Tuttavia se praticata nel tempo potrebbe portare ad una contraddizione dall'esito imprevedibile.
Quando, fra poco, il numero dei guariti sarà più alto di quello dei nuovi contagiati si potrebbe arrivare al paradosso di un valore dichiarato di nuovi contagiati prossimo allo zero, pur in presenza di migliaia di nuovi casi effettivi. Estremizzando, si potrebbe pensare che questo porti al sollevamento delle misure di “lockdown” anche se nella realtà i nuovi contagiati giornalieri sono tanti quanti quelli che all'inizio della storia hanno motivato le stesse condizioni restrittive.
Ma, senza arrivare a tanto, potrebbe innescare nei cittadini un ingiustificato senso di sicurezza tale da portare a comportamenti dannosi per l'intera comunità.
Sull'aspetto della ricaduta, non sempre positiva, delle comunicazioni ufficiali verso i cittadini sembra distinguersi la Regione Liguria.
Andando a vedere i dati diffusi giornalmente si nota come la Regione sottragga dai nuovi casi di ogni giorno i numeri dei guariti e dei morti, riducendo così drasticamente l'impatto del Coronavirus su scala locale.
Una pratica messa in atto forse per le stesse ragioni di cui sopra: tranquillizzare la popolazione. Salvo poi lamentarsi se la stessa si ammassa nelle vie commerciali o tenta la strada di un'uscita in spiaggia o in collina.
Per fortuna i dati presenti sul sito della mappa nazionale, alla voce situazione per regione e per provincia, sono molto diversi e descrivono la realtà per quello che è.
Però non si può fare a meno di notare il caso.
Nelle crisi molto gravi la soluzione migliore è sempre quella di dire la verità. Certamente senza allarmismi e di sicuro senza infingimenti.
Perché prima o poi il Coronavirus passerà e, qui in Liguria, si voterà. Magari entro la fine di quest'anno.
Intanto, voi che leggete, siate prudenti.
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- Scritto da Marco Vitruvio Pollione
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È crollato un ponte al confine tra Liguria e Toscana, vicino ad Albiano Magra (Massa Carrara), lungo una strada che va dalla bassa Val di Vara alla Val di Magra.
Si tratta di un ponte con varie campate di altezza limitata rispetto al terreno sottostante complessivamente pianeggiante; questo ha contenuto i danni delle due persone coinvolte.
Dall’Ansa si apprende che la presenza di una crepa dell'asfalto aveva indotto i tecnici Anas ad effettuare controlli avvenuti lo scorso 3 novembre. In seguito al controllo era stato dichiarato che non sussistevano "condizioni di pericolosità”.
Viene spontaneo un confronto tra il crollo del Ponte Morandi e questo sul Magra. Le entità dei danni sono evidentemente diverse ma qualcosa pare accomunare i due eventi: i controlli.
Nel primo i controlli (oppure i non-controlli) sono stati orientati al maggior profitto di un’azienda privata e pare che gli apparati statali addetti abbiano effettuato verifiche non stringenti sulle relazioni fornite da Autostrade per l’Italia, ma nel secondo cosa ha determinato la qualità del controllo?
ANAS è un’azienda pubblica che dovrebbe essere ispirata ad un’efficienza non condizionata (o, almeno, non completamente condizionata) dal profitto ; allora come mai un risultato analogo (evidentemente non simile) a quello dell’altra azienda ispirata dal profitto?
Sarà mica che i duei eventi siano accomunati dall’italian style?
In un caso i profitti (e qualcosa d’altro?) , nell’altro le competenze affidate con criteri particolari di selezione e verifica ?
L’obiettivo che intendiamo realizzare per la nostra Terra passerà anche per un sistema che dia riconoscimenti a chi si impegna e "non-riconoscimenti" per coloro che non si sono impegnati.
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Ospite (Marco Vitruvio Pollione)
PermalinkRitengo siano i liguri ad essersi italianizzati, purtroppo. Come è noto se si mette una mela marcia in un cesto di mele buone non sono queste a far diventare buona quella ma sarà quella a far imputridire le buone. Noi facciamo affidamento sui Liguri (quelli con la L maiuscola).Mi piace 0
Coronavirus : cartina al tornasole dell’italianità
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- Scritto da Pierluigi Patri
- Categoria: costume e società
L’epidemia di coronavirus ha fornito una lampante immagine delle contraddizioni della società italiana
Vado a memoria nella sequenza degli eventi ma penso di essere piuttosto fedele a quanto è successo e sta succedendo.
Grosso modo l’interessante esperimento social-virologico comincia tra fine gennaio ed inizio febbraio quando i Presidenti di Lombardia, Veneto e Friuli vorrebbero impedire la riammissione a scuola degli studenti cinesi che stanno ritornano. Prontamente lo Stato italiano nella persona del Presidente del consiglio dei ministri boccia l’idea invitando quei Presidenti a fidarsi degli esperti tanto che il Ministero della salute dà il via libera per il ritorno a scuola di chi è stato recentemente in Cina.
Intorno al 20 febbraio il Presidente della Toscana si inserisce nella diatriba dichiarando che le iniziative assunte in Toscana erano "... in linea con quando disposto dal ministero ..." e le critiche potevano essere dovute a disinformazione o malafede od a propaganda fascioleghista. Gli fa eco l'assessore toscano al diritto alla salute -Stefania Saccardi- precisando che non spetta alla regione decidere sull'adozione della quarantena (più sotto si vedrà che da altre parti le cose sono andate diversamente).
Intanto il tempo passa ed il Governo italiano arriva ad istituire le zone rosse in cui gli abitanti sarebbero dovuti restare disciplinatamente confinati salvo qualche gita nelle Regioni limitrofe per andare a sciare o godersi il mare.
Successivamente arriva una stretta ulteriore, preceduta da fuga di notizie, relativa all'argamento delle zone rosse associato ai conseguenti, ed italianamente rigorosi, limiti agli spostamenti (che, se non ricordo male, ha indotto il Presidente del Veneto a lamentarsi per le "eccessive" misure).
Ed italianamente cosa è successo? Massiccio esodo di vacanzieri verso le Riviere.
Ma non è il caso di preoccuparsi perchè costoro potranno far rientro alle proprie residenze (magari dopo aver lasciato un po' di coronavirus in Liguria).
Ora la tardiva decisione di dichiarare zona rossa tutta la penisola con limiti categorici (quanto?) agli spostamenti.
È interessante rilevare che i Presidenti delle regioni meridionali hanno istituito di loro iniziativa la quarantena per i meridionali, e non solo, che provengono dal settentrione.
Ma l'assessore toscano di cui sopra non aveva sostenuto che istituire la quarantena esulasse dalle competenze regionali?
E a proposito delle lamentele sulle limitazioni delle attività il Sindaco di Bergamo, Gori, fa osservare che la consueta limitazione alle attività nel periodo estivo non ha mai provocato problemi.
Per concludere.
I governanti hanno preso decisioni a pezzettini inseguendo la diffusione anzichè prevenirla (con provvedimenti "esagerati").
Tra i politici in sottordine si sono visti quelli che chiedevano misure di contenimento e quelli che organizzavano aperitivi contro la paura (ed uno di quelli è successivamente risultato positivo alla ricerca del virus).
Gli italiani tutti hanno dato pronta e coerente risposta andando massicciamente al mare, in montagna ed in luoghi di assembramento: Italia una ed indivisibile.
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La ringrazio per la segnalazione che non mi meraviglia. Pare che i politicanti, pur di dire qualcosa al proposito,non si curino di seguire un filo logico finendo finendo per auto-contraddirsi anche nel breve periodo...Mi piace 0
Una questione di cultura : adesso.
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- Scritto da M. Spinola
- Categoria: costume e società
Oggi, in una situazione difficile com'è quella segnata dall'epidemia di Coronavirus, molti pensieri ricchi di dubbi si affollano alla mente. Molte reazioni emergono confusamente, magari togliendo energia. Molte tendenze transitano dalla memoria del passato all'esperienza quotidiana in cerca di appartenenza. Questo stato di indecisione, pur con tutti i suoi limiti emotivi e psicologici, una qualità ce l'ha: aumenta il livello di sensibilità individuale permettendoci di scoprire un po' di più su noi stessi.
Per esempio, osservando come i vari Paesi reagiscono al contagio, si vede come la cultura, intesa come sedimento, sostrato autobiografico, sul quale si innestano comportamenti e attitudini, giochi un ruolo determinante a livello di risposta politica e comportamenti sociali.
Culture incentrate sul senso del dovere, sulla responsabilità individuale come fondamento di quella collettiva, sul senso di appartenenza ad un gruppo, agito e non solamente raccontato, risponderanno con forza, efficienza e coesione.
Altre, incentrate su un senso di appartenenza ad un gruppo raccontato ma non agito, su un individualismo spicciolo occhieggiante ad un collettivismo di maniera, sempre alla ricerca di diritti da esercitare e da doveri da disertare, risponderanno male. Con sofferenza, smarrimento, ritardata efficacia. Con un'implicazione in più. La sofferenza ed il senso di soffocamento che può prendere alla gola chi, vivendo in un contesto come quello appena più sopra descritto, appunto per cultura e tradizione non vi si riconosce appieno privilegiando sempre la responsabilità individuale ed il senso del dovere.
È una sensazione molto spiacevole. Perché già si sa che un parte del pericolo verrà dal prossimo. Il prossimo è quello adiacente; quello che adesso dovrebbe fare il suo dovere ed invece si fa i fatti suoi magari contravvenendo ai divieti, vendendo le mascherine sottobanco, privilegiando artisti, calciatori e chissà chi altro rispetto ai sanitari che lottano in prima fila. Ma non solo.
Il prossimo è anche il principio di coerenza incoerente che attraversa tutta questa nostra strana società la quale, anziché mettere ai posti di comando -quali che siano- i più preparati, ci piazza i “belli da TV”. Eroi dei talk show, primatisti del sorriso accattivante, campioni delle conferenze stampa.
Naturalmente non sempre è così, ma troppo spesso sì.
Una delle conseguenze di questa complicazione è che il Paese invece di affrontare i problemi dall'inizio e cercare di ricostruirli e risolverli nella loro complessità tende ad affrontarli a singoli pezzi assegnandone uno a ciascuno con la speranza che si incastri con gli altri. Separando in questo modo, con i pezzi della realtà, anche le forze atte a cambiarla. Così, per i moltissimi che si battono generosamente, ci sarà sempre qualcuno che starà a guardare o si metterà in mezzo.
È sempre stato così, non è questione di adesso. Ma nei momenti decisivi, essere sostenuti da un certo tipo di cultura o da un'altra, pesa. Tremendamente.
Dio ci aiuti.
Sono proprio complicati 'sti italiani.
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- Scritto da Pierluigi Patri
- Categoria: costume e società
Avete fatto caso a quanti problemi emergono per la proposta di ridurre i parlamentari ?
Fior di legislatori con relativo seguito di esperti e consulenti ne parlano da tempo senza essere ancora riusciti a risolvere il busìllis della rappresentatività nell'elezione dei senatori.
Tutte queste "tribolazioni" politiche solo per ridurre da 315 a 200 il numero dei senatori e da 630 a 400 quello dei deputati; totale della riduzione: 345.
Allora mi chiedo: se ridurre il numero di senatori comporta così tanti problemi mentre ridurre quello dei deputati non ne crea (dato che le cronache non riportano analoghe osservazioni e perplessità per la Camera) ed il totale della riduzione è una cifra vicina a quella dei senatori perché non eliminare il Senato?
Si raggiungerebbero tre risultati in un colpo solo:
- eliminare la fonte dei problemi di rappresentatività
- ridurre i parlamentari
- liberare un immobile con tutte le servitù connesse (tra l’altro aumentando il risparmio tante volte illustrato a motivo della riduzione dei parlamentari)
Immagino già l'obiezione regina : con due assise c'è un bicameralismo perfetto (chissà poi perchè viene definito "perfetto", manco fosse un'emanazione divina); entrambe hanno gli stessi compiti e gli stessi poteri tanto che una legge è approvata se in entrambi i luoghi viene approvato lo stesso testo.
A questo proposito mi chiedo che senso abbia fare due volte lo stesso lavoro: i tempi si allungano e la pratica costa di più. Si potrà obiettare che un ramo può perfezionare il testo di legge o correggerne gli errori dell'altro ramo.
Non regge ! Gente deputata a fare le leggi deve avere la capacità di scriverle in modo chiaro e senza errori considerata la possibilità di contare su una marea di tecnici che possono segnalare incongruenze o contraddizioni contenute nel testo redatto.
Invece no. Anche con due rami è capitato di dover attendere circolari con l'interpretazione "autentica" di una legge appena varata.
Boh !
Ospite (Ferdinando)
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