O Pòrto de Zêna e i sciâti pe-e cöse da fâ.

"I posteri abbiano cura di conservare degnamente la libertà che gli antenati partorirono"

"Luigi Raffaele D
Raffaele De Ferrari Duca di GallieraJ Principe di Lucedioe Ferrari (Genova, 6 luglio 1803 - Parigi 3 novembre 1876) duca di Galliera (BO) per nomina pontifica e principe di Lucedio (VC) per nomina del nuovo re che non volendo rimanere indietro lo fece anche Senatore del Regno di Sardegna.
Il nostro Raffa
ele, che con la moglie Duchessa di Galliera Maria Brignole Sale De Ferrari (Genova 5 aprile 1811 - Parigi 9 dicembre 1888) è sepolto nel santuario della Madonna delle Grazie a Voltri, è stato imprenditore, filantropo e politico italiano. . . oltre che uno dei finanziatori del Canale di Suez.
Di famiglia aristocratica, dunque, Duca di Galliera dal 18 settembre 1838 per volontà di papa Gregorio XVI, dal 26 marzo 1875 Principe di Lucedio e Senatore del R
egno di Sardegna, il De Ferrari fece la sua fortuna economica a Parigi dove visse a lungo e dove ebbe per dimora l'Hotel Matignon che acquistò intorno al 1850 e che dalla fine della guerra è residenza ufficiale del Primo Ministro del governo francese. . .Porto di Genova stampa francesce per dire!

Genova e
ra ancora molto Genovese ed anche i duchi di Galliera e nessuno dopo di loro fece per la propria città ed i loro concittadini quel che fecero loro e, credo, proprio nessuno mai come loro. . . "in tutta la nazione"!
Ebbene, nel bene e nel male, se il Porto di Genova ha assunto ancor di più la sua caratteristica di punto strategico di unione tra il Mediterraneo - e quel che arriva in Mediterraneo - ed il Nord Europa più prossimo e lontano, lo si deve proprio a quei 20.000.000 di buone Lire che Raffaele De Ferrari donò per la costruzione delle difese a mare.

Amburgo, Rotterdam ed altri porti sono lontani nella bruna del Nord. I cittad
ini di quelle Libere Città Stato Anseatiche -non a casMotto di Amburgo 80 ritagliato con mottoo la targa automobilistica di Amburgo è HH che sta per Freie und Hansestadt Hamburg- vivono “del e per” il porto che governa l'insieme della città e dal quale, insieme ai disagi, traggono però anche i benefici!

Qui è diverso e “funziona” in altro modo. Poichè non abbiamo uno sbocco territoriale nell' Oltregiogo gran parte dell’indotto collegato ai nostri Porti finisce in territori prossimi, al momento amministrati da altre regioni. Questo avviene per "merito" di leggi italiane che se un tempo ci espropriarono i territori di riferimento geografico, storico e culturale oggi lo hanno fatto anche con i porti.
A molti va bene così. A Genova,
che è e rimane il più importante porto del Mediterraneo ed uno dei più importanti d’Europa ed anche del Mondo, non può che nuocere!
Ma d’altronde quante cose sono peggiorate nel giro di nemmeno troppi decenni da queste parti?
Non so, chiedo per un amico.

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Le Cinque Terre "fantasyland"? No, non credo!

Le Cinque Terre documentario Istituto Luce

Non si può non ritenere questo video dell’Istituto Luce, veramente straordinario, quale rarissima, se non unica testimonianza di uno spaccato di vita ancora così legato all’antico, ma nel contempo così riconducibile al presente, ovvero, all’essenza di quelle Cinque Terre che erano e che sono. Quella testimonianza documentale ci rappresenta la vita che si svolgeva lì, come nei borghi di un po’ tutta la Riviera e, direi, non solo in Riviera!

Il tempo che è passato da allora non è poco ma ci fa ragionare sul “perché le Cinque Terre” e quello che valgono oggi! Peccato il bianco e nero che non rende merito alla spettacolarità dei luoghi e a quel dialogo che non c’è!

Un Gruppo Facebook che si definisce “Spezzino vero” ci dice che “Le Cinque Terre sono spesso sulla bocca di tanti. Meravigliose e meta di un turismo oggetto di entusiasmi e roventi critiche. Il turismo di massa cui sono esposte adesso le sta rendendo ricche o le sta distruggendo? La domanda non ha risposte indolori e certo, conclude, fa impressione vedere cosa fossero le Cinque Terre solo 70 anni fa, ...”.

Tutto vero e ricordo qualche riunione a tema con la manifesta paura di una temuta Disneylandizzazione, la fragilità del territorio, le presenze sempre più consistenti e così via e proprio per questo mi permetto di ricordare che gli "abitatori" delle Cinque Terre - che non sono "semplici abitanti" di un luogo ma molto, molto di più - san bene loro come fare a “portarsi avanti”!

Anch'essi del resto come tutti i Liguri sono millenni che son lì su quelle pietre sul mare che hanno adattato con grandissima maestria a modo di trarne linfa di vita “in quell’ambiente bello ma severo che ha rafforzato la tenacia e la fortezza del Popolo Ligure che è gente che non si arrende e che difficilmente si compiange”, come mi ricorda, dal nostro altrettanto bello Entroterra, la cara amica e Maestra Giovanna Lavagetto.

E li han voluti proprio lì quei piccoli borghi, aperti al sole ed al mare ma nel contempo difficilmente aggredibili proprio dal mare, posto che da terra gli “antichi patti” han sempre grosso modo funzionato.

Non è stato facile ma loro lo hanno fatto ed è da lì che trae origine il “pathos” “Cinque Terre” con quel mix di “persone-luoghi-attività-produzioni-usi” per cui son diventate meta d’obbligo per almeno una visita.

E allora lasciamoli fare. Lasciamoli fare e riflettiamo però sul fatto di che cosa avrebbero potuto essere oggi "ancor di più di quel che sono" i luoghi di tutta quella zona che dalle Cinque Terre raggiunge la Toscana passando fra quei Borghi che oggi non son più per via degli sconvolgimenti ottocenteschi postcongressuali e postunitari !
Peccato, ma, non è più!

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La strana idea del Sindaco Bucci. Paga tu che vado io.

Mercoledì 13 gennaio sulla stampa cittadina viene presentata l’ultima proposta del Sindaco Bucci al riguardo del trasporto pubblico urbano: via i biglietti sostituiti da una sorta di imposta legata al reddito.
L’iniziativa riporta in primo piano un tema centrale per una città che voglia trovare una seria via gestionale alla mobilità urbana del terzo millennio.
Qual è il
2021 01 13 AMT a Genova Bucci vuole elmininare i biglietti Il Secolo XIX senso del trasporto pubblico contemporaneo?

Serve per agevolare gli spostamenti di necessità: lavoro, salute, urgenze, questioni inderogabili o per favorire una generica mobilità urbana: svago, diletto, passatempo?

In tutte le metropoli del mondo occidentale il trasporto pubblico risponde alla prima esigenza. Prendi l’autobus o la metro per ragioni di necessità e, siccome farai andata ritorno una o due volte al giorno al massimo, i biglietti costano relativamente cari e sono legati alla singola percorrenza e non al tempo.
Da questo approccio deriva un’impostazione più ampia che vuole una gran parte del costo del servizio a carico di chi lo adopera. Più adoperi, più paghi.

A Genova viceversa il trasporto pubblico è sempre stato inteso come un servizio generico; prendi l’autobus o la metro quante volte vuoi, per i motivi più disparati e paghi questo servizio meno che puoi.
Qualcuno pagherà, senz'altro. Verosimilmente uno che non lo adopera granché.
Di questa impostazione economicamente e culturalmente disastrosa la proposta formulata dal Sindaco Bucci, probabilmente in modo involontario,  comunque suona da manifesto.
Via i biglietti, così di conseguenza regolarizziamo i «portoghesi» di professione e spalmiamo tutti i costi sul contribuente il quale, dopo aver comprato il mezzo, pagato il carburante, stipendiato il personale adesso si fa pure carico dell’Altrui biglietto.
Dove Altrui non è altro che il professionista del bisogno. Cioè colui che, per una ragione o per l’altra, effettiva povertà o infedeltà tributaria coltivate, non sostiene in solido la cosa pubblica e, nell’ipotetico futuro immaginato dal Sindaco di Genova, viaggerà gratis senza limite di tempo alcuno. Un problema questo ultimo mai davvero pensato, a Genova in Italia, ma che nella crisi in corso deve trovare una soluzione rispettosa del ruolo del contribuente. Per cui se il Sindaco Bucci, come spesso afferma, vuole rifarsi all’eredità della Genova dei secoli scorsi dovrebbe almeno recuperarne quello spirito di «società per azioni» che la informava. Laddove tutti trovavano un utile.
Tutti quelli che ci mettevano qualcosa.

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. . . e siamo ancora lì

E siamo sempre lì, sul nostro “Ponte Morandi” . . . e zà, a l’é stæta tròppo gròssa. . . tànto che l’invexéndo. . . il frastuono, non è ancora finito.
Egle Possetti, la brava e tenace portavoce del “Comitato Ricordo Vittime del Ponte Morandi” ci ricorda proprio questi giorni che sono trascorsi ormai 29 mesi da quel disastro. Dalla morte delle povere vittime fra le quali sua sorella, suo cognato e due nipoti: basta? Non so!
Quella ben determinata Signora ci ricorda che dalle indagini
stanno emergendo elementi inquietanti; che siamo in pandemia e che grazie ai “lumi di illuminati”, siamo in crisi di governo: basta? No, non basta!

Non basta perché alla fine della fiera quel che resta ben saldo è che la concessionaria “sotto la cui gestione” è crollato il Ponte Morandi e non solo, è ancora titolare della gestione complessiva “tutto compreso”, e compreso dunque il nuovo Ponte San Giorgio! Ma non solo, comprese le code, le pericolose corsie uniche, il tempo fatto perdere, i percorsi "quasi inesistenti" alternativi e quei caselli “automatici” per l’incasso di quegli “veramente esagerati pedaggi” che paiono – agli occhi delle persone semplici - essere  addirittura più cari del costo del già caro gasolio nostrano che si consuma percorrendole quelle Autostrade strutturate in modo da fare da amplificatore ai costi per l’utente e che però consentono di continuare ad incassare moltissimo e dunque anche di continuare a guadagnare Genova Ponte Morandi appena costruitoe poter contare su posizioni di privilegio. Ma in fondo chi è che non sa che Autostrade ed associati sono una potenza quasi “In terris sicut est in caelis”, che si ha come l’impressione che neppure possano fermarsi, e mai si fermeranno, davanti ad alcunché compreso di fronte alle disgrazie ed alle sciagure che contemplano la perdita di vite umane che gli attuari delle compagnie d'assicurazione che compongono anch'esse l'azionariato, non possono non aver calcolato solo che per stabilire i "ricchi premi" che probabilmente incassano a fronte di coperture assicurative. Ed anche da lì, allora, guadagnano. Così, l'osso che ha ancora tantissima polpa, non lo molleranno mai se non glielo strapperanno di bocca le forze della democrazia, ovvero di una politica che, guarda un po’, è però in crisi proprio in questo momento così delicato “per tutti e tutto".
E dopo aver tristemente appreso che in seguito ad un incidente fra una autovettura ed un autotreno l’autostrada è stata chiusa anche ieri e si sono verificate gravi ripercussioni sulla viabilità ordinaria, penso a quante volte ho fatto quelle “Autostrade”, a quanti soldi ho dato loro  “tratta per tratta”, quando oltretutto nell’estero più prossimo a noi i nostri concittadini europei non pagano che un “piccolo canone" settimanale, mensile o annuo” per viaggiare su tutta la rete! Cosa che quelli di Autostrade sanno molto bene.
Poi era venerdì e con la stanchezza della “Gente Stanca” rifletto sul fatto che è proprio il sistema che pare non funzionare se il “leitmotiv” pare essere questo.
Ma ancor di più temo che la Signora Possetti potrà ottenere le risposte che legittimamente si aspetta da quella classe politica e dirigente che permette che in casa d’altri, in Liguria, Genova, da sempre luogo strategico e crocevia di traffici internazionali Nord 
Sud Est Ovest, dove lo stato ed i privati introitano ingentissime somme, ci si possa trovare – come altrove d’altronde – in simili situazioni.

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Trieste “provincia della Ricerca”. Perché ?

Tutto comincia con la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Durante il conflitto il territorio di Trieste era stato annesso al terzo Reich e pesantemente bombardato; successivamente aveva subito una breve ma sanguinosa occupazione titina. Al termine della guerra versava in condizioni economiche e sociali disastrose.
Nel’47, col trattato di pace, venne creato il Territorio libero di Trieste, diviso in due zone: la A (l’attuale provincia di Trieste) sotto controllo anglo americano ; la B (l’attuale Istria slovena) sotto controllo jugoslavo.
Dal ’45 al ’54 l’economia della zona A fu drogata dalla presenza dei soldati alleati, che avevano una grande quantità di denaro da spendere.

Quando la zona A tornò all’Italia la situazione era drammatica. L’unica azienda di grandi dimensioni era la Ferriera di Servola. C’era anche la sede delle Generali, ma con un impatto di rilievo limitato.
Negli anni successivi al ritorno all’Italia il governo centrale varò diverse leggi “per Trieste” per ridare fiato all’economia. Nel 1966 venne assegnata a Trieste la sede della Direzione generale di Italcantieri (oggi Fincantieri; rimane a Genova la divisione “militare”) e nel ’70 Trieste divenne capoluogo della Regione Friuli Venezia Giulia, che dopo poco fu riconosciuta “a statuto speciale”.

La convergenza delle agevolazioni concesse con le varie leggi e la capacità degli amministratori locali di sfruttare le occasioni propizie consentirono di installare a Trieste i centri di ricerca che ancora oggi caratterizzano la città e tutta la provincia.
La presenza di tanti centri di ricerca diede slancio all’Università, in particolare per la facoltà di Fisica. Il corpo accademico fu abile nell’utilizzare la vivacità del proprio ateneo e le agevolazioni concesse per convincere l’UNESCO a creare nel 1964 l' ICTP (International Centre for Theoretical Physics) ed oggi intestato al suo fondatore Abdus Salam.  Su quella scia l’UNESCO ha istituito, sempre a Trieste, l'ICGEB (International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology).
La presenza di quel raggruppamento di strutture ad altissimo contenuto di conoscenza ha portato ad una naturale conseguenza, la costituzione di un’altra importante istituzione : la SISSA (Scuola internazionale superiore di studi avanzati).

Venne realizzata nel 1978 come istituto di ricerca e di perfezionamento post-laurea a statuto speciale; ideatore e suo primo direttore fu Paolo Budinich, il quale convinse il governo dell'epoca a includere negli interventi di ricostruzione del post-terremoto in Friuli, la creazione di una scuola su modello della Scuola normale superiore di Pisa. Egli fece così confluire nella SISSA la Scuola di perfezionamento in fisica (advanced school of physics), operativa presso il centro di Miramare dal 1964. La scuola ottenne nel 1987 l'equipollenza fra il titolo di PhD ed il titolo di dottore di ricerca, nel frattempo istituito.
Venne costruito a Trieste, anziché a Frascati, il sincrotrone italiano ELETTRA (cui si è aggiunto l’acceleratore a Laser Fermi) sia per la presenza di un contesto professionale ricchissimo di competenze e talenti, sia perché l’altipiano carsico, per la sua conformazione spugnosa risulta essere una delle zone d’Italia a più basso rischio sismico.

La straordinaria concentrazione di centri di ricerca ha fatto sì che Trieste e provincia abbiano il rapporto tra pubblicazioni scientifiche e numero di abitanti più alto al mondo.

Le ragioni di base di questo successo sono: agevolazioni economiche iniziali; presenza di una eccellente università e di un livello di cultura diffuso sensibilmente più alto della media italiana, amministrazioni locali attente e con un tasso di disonestà molto sotto l’uso nazionale. È evidente che da questo è partito un movimento virtuoso che ha consentito a Trieste di attirare talenti e finanziamenti. Va anche detto che Trieste è città molto accogliente e, nonostante una dimensione relativamente piccola, offre molto dal punto di vista culturale, sportivo e del bon vivre.

La caduta della cortina di ferro, che passava a pochi chilometri dal mare, ha rimesso Trieste al centro dell’Europa e dall’Europa centrale e orientale vengono a Trieste non solo turisti ma anche studenti universitari e ricercatori, che ritrovano anche le atmosfere mitteleuropee di casa loro. E ancora una volta, in chiusura, devo citare il buon livello degli amministratori locali che hanno saputo giocare bene le carte della ricerca.

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