Redistribuzione. La parola magica !

Cofferati scrive che la sinistra "Deve realizzare una redistribuzione equa della ricchezza prodotta destinandone una parte cospicua a cancellare la povertà.".
Sia i clericali che i socialcomunisti considerano la povertà come materia di gestione esclusiva (i destri, salvo quelli estremi, mediamente se ne curano poco).
I primi la intendendo come lasciapassare preferenziale per il Regno dei Cieli, i secondi come condizione per aspirare al Sol dell'Avvenire. Sia gli uni che gli altri sembrano non prestare complessiva attenzione alle modalità che portano a quella condizione, cioè il percorso che ha reso povero un individuo.
Pare che per loro (clericali e socialcomunisti) il povero sia creditore di attenzioni particolari a prescindere dal pregresso. Sembra che a loro poco importi se sia stato un nullafacente oppure uno scriteriato oppure una persona messa immotivatamente da parte dal sistema produttivo.
Allora come redimere dalla povertà?
Somministrando la particula, cioè la redistribuzione del reddito ...urbi et orbi.
 
Il refrain della redistribuzione è diventato un mantra per risolvere le "diseguaglianze". Pensare di esaminare i differenti motivi della povertà e conseguentemente trattarla in modi differenti è come dire che il re è nudo : provoca turbamento delle coscienze.
Noi riteniamo che il sistema "redistributivo" corretto debba rispettare l'impegno profuso nel lavorare; vale semplicemente a dire: pagare di più chi se lo merita, chi lavora.
È noto che le grandi aziende giochino su regimi fiscali favorevoli consentiti da leggi italiane e/o da localizzazione delle sedi in Stati con tassazione leggera ma, nella possibilità di attuare assestamenti legislativi tali da recuperare soldi per la comunità, il recupero di ricchezza deve essere redistribuito a beneficio di chi lavora e di chi ha lavorato (per esempio con l'aumento delle retribuzioni e/o benefit di genere diverso).
Solo successivamente, se avanzano i soldi, verrà fatta la "redistribuzione" o -più correttamente- la carità ai "pezzenti".
 
P.S. Non ho utilizzato il termine pezzenti per mia "licenza poetica". Per capirlo basta seguire il sottostante percorso.
Si inizia dal verbo "petere" (1) col suo participio presente plurale "petentes" per terminare nel percorso etimologico (2) che porta a "pezzente".
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Cinquina …. Tombola!

I Socialdemocratici hanno vinto le recenti elezioni politiche in Danimarca mentre il Partito danese del Popolo (collocato a destra) è passato dal 21 all’8,7% subendo un evidente ridimensionamento.
Viene spontaneo domandarsi il motivo di questo significativo spostamento di voti: gli elettori “xenofobi” sono diventati improvvisamente “xenofili” ?

Da quanto si legge pare proprio di no.
Forse dipende dall’esigua popolazione e dalla limitata estensione territoriale per cui è immaginabile uno stile di vita omogeneo, forse dipende dalla religione
luterana: fatto sta che, pur conoscendone in modo superficiale il modo di funzionare, si intuisce che l’etica di quella società è dissimile da quella italiana.

Anche in Danimarca ci sono gli xenofili a tutti i costi ma il pragmatismo nell’affrontare i problemi ha portato i Socialdemocratici di Mette Frederiksen ad adottare “… la linea dura del partito sui migranti ..." che , così, "... ha strappato voti all’estrema destra.”.
Né stupisce il consenso dato anche ad altri due punti cruciali del programma socialdemocratico: welfare e cambiamento climatico.
Per le considerazioni sopra esposte pare difficile immaginare grandi numeri di profittatori e nullafacenti che drenano elevate quote di ricchezza dal sistema di welfare; in tale situazione al momento del voto i contribuenti sono disposti ad approvare un sistema di assistenza statale in cui non nuotano sanguisughe.
Nè stupisce  la preoccupazione per il cambiamento climatico in una nazione dove, per quanto è dato sapere, c'è elevata attenzione all'ambiente e  non esistono "terre dei fuochi” come accade nella penisola italiana.

Parafrasando Paolo Graldi si può dire che là le cose van così perchè in Danimarca ci sono i Danesi.
Qui ci sono gli italiani.

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Aspettando l’elemosina

Nell’edizione serale del TG Regionale di Rai3 mandata in onda mercoledì 31 u.s. è stato trasmesso:
- un servizio sui recenti disastri provocati in Liguria dal mare e dal vento
- un servizio  sul lento andamento dell’approvazione alla Camera del così detto decreto Genova
- un servizio sull’assemblea di Confitarma -Confederazione Italiana Armatori- tenuto a Roma pochi giorni fa.

Per ottenere dal Governo italiano i soldi necessari ad un parziale ripristino di quanto distrutto o danneggiato la Regione chiederà  il riconoscimento dello stato di calamità naturale.

Per rimediare ai danni diretti ed indiretti causati dal crollo del ponte Morandi sul Polcevera stiamo aspettando tutte le lungaggini burocratiche per veder “dispensare” i soldi tenuti nelle casse centrali.

All’apertura dell'assemblea annuale della Confederazione Italiana degli Armatori il  presidente Mario Mattioli ha espresso la disponibilità di quell’associazione nei confronti della Città e del Porto di Genova.

Nei   primi due contesti dobbiamo aspettare le benevoli attenzioni delle istituzioni centrali.
Nel terzo ci è riconosciuto un ruolo leader da chi, peraltro,  trova nelle strutture portuali e logistiche della Città uno snodo di grandissima importanza che lo rende sostanzialmente indispensabile per i commerci marittimi.

Come  descritto nell’articolo “Tasse versate la Liguria è la terza regione italiana”  (Il Secolo XIX di domenica 9 dicembre 2007) il gettito prodotto dalla nostra Terra  allora ammontava a 3.369.194.071 di  euro.

2007 12 09 Tasse versate la Liguria  la terza regione italiana   Il Secolo XIX

L’Associazione Repubblica di Genova sostiene da almeno 20 anni l’idea che  qui debba rimanere una cospicua parte di quel gettito. Se così fosse stato ora non avremmo da chiedere soldi allo Stato italiano.

Pensate a quanti soldi avremmo potuto impiegare per tutte le necessità logistiche, e non solo, del nostro Territorio.
La nostra situazione sarebbe ancora più favorevole se godessimo dello Statuto speciale come le Regioni autonome.

Ma siccome nella Repubblica italiana siamo tutti uguali ma c'è qualcuno più uguale degli altri vien da pensare che in una ipotesi di futuribile ripristino della sovranità della nostra Terra riusciremmo a raggiungere una condizione di diffuso benessere come nella Confederazione Elvetica.

Ci domandiamo come queste elementari idee non siano state colte dai genovesi.
Ignoranza dei dati e delle prospettive? Paura di assumere grandi responsabilità di intrapresa e gestione? Servilismo, acquiescenza, intorpidimento, miope tornaconto privato?

Forse tutte le cose. Fatto sta che a fronte di non molti (per ora) Genovesi e Liguri con la voglia di scommettere su se stessi per un futuro migliore e più ricco c’è uno stuolo di genovesi e liguri proni a far da zerbino agli altri.

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Ritardi, incertezze, aleatorietà. Intanto la Liguria viene frenata

Stupefacente !!!
Il cosiddetto "decreto Genova" viene approvato dopo più di 90 giorni dal crollo del ponte.
La sensibilità dei palazzi romani ha costretto i Genovesi, i Liguri e le aree servite dalla logististica dei nostri Porti ad attendere per tre mesi il via libera; prima per le schermaglie sulla nomina del Commissario  alla ricostruzione del ponte autostradale, poi per il freno posto dalla discussa approvazione di misure che col crollo a Genova non c'entrano niente : la sanatoria per gli abusi edilizi  commessi ad Ischia e lo smaltimento dei fanghi di depurazione.

Perchè mescolare provvedimenti che non hanno alcun nesso tra loro?
L'ennesimo condono per aree in cui gli abusi edilizi sono diffusi costituisce il perfetto viatico al perpetuarsi di quel costume esente, pertaltro, anche dai vincoli fiscali perchè da abusivo non risulta a catasto.

Perchè ritardare la ripresa di un'area geografica di importanza fondamentale per i traffici e fonte di ricchi incassi statali solo per far passare provvedimenti che riguardano una piccola località "strategica" unicamente per il turismo?

"Il Secolo XIX" non può essere considerato sostenitore di idee separatiste, secessioniste od indipendentiste, ma quando arriva a pubblicare (sul numero di due giorni fa) ciò che potete leggere a lato significa che la distanza tra la Liguria e chi siede a Roma dovrebbe essere vista anche dagli "orbi" e percepita dai "distratti".

Nè è possibile giustificare il ritardo nell'approvazione del "decreto Genova" come una casuale mancanza di attenzione od il risultato di un fortuito intoppo parlamentare giacchè, sullo stesso numero de "Il Secolo XIX" , faceva bella mostra l'articolo "Finale-Andora, cancellati i fondi. Rixi: la rifinanzieremo nel 2019".
La dialettica (chiamiamola così per pura educazione) politica induce gli schieramenti partitici ad addossare  le responsabilità di una
decisione allo schieramento opposto. Quindi non stupisce che gli uni accusino gli altri prontamente ripagati della stessa moneta.
Quello che intendo evidenziare è il vergognoso ritardo con cui i parlamentari di adesso, quelli di prima, quelli di prima ancora, i loro predecessori, etcetera, hanno affrontato il completamento del raddoppio della ferrovia del nostro Ponente.

35 miserrimi kilometri per 1499 milioni di euro.
Da decenni siamo in attesa di quel raddoppio che consentirebbe di rendere funzionale uno dei corridoi europei.
Che il finanziamento sia stabilito in un modo od in un altro non ci importa: l'importante che le palanche ci siano.
Fatto sta che siamo ancora su un "binario morto" nonostante i miliardi di euro che dalla Liguria arrivano alle casse statali.
E sì ... perchè i soldi partono per Roma con puntualità ed in abbondanza ma quanto a vederli ritornare in Liguria - e solo in minima parte !- è tutt'altro discorso.

Magari un giorno finisce che  ne gia o belin ...

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Linearità lessicale

Questa è un’italica perla concettuale : obbligo flessibile !
Il gioioso concetto è stato espresso dall’attuale ministro della salute in riferimento alle vaccinazioni.

Mi chiedo come faccia un ministro a concepire una cosa del genere (ma è davvero un concetto oppure è una raffigurazione amebica  che lascia ampio spazio ad interpretazioni personali e a valutazioni ancora più soggettive ed incerte ?).
Pare logico ritenere che un governo sia la guida di uno Stato e debba -pertanto- fornire indicazioni e norme precise, un po’ come l’autista che guida un pullman fermadosi agli stop ed utilizzando gli indicatori di direzione quando si sposta.

Rimarreste su un pullman il cui conducente rispettasse il codice stradale in modo “flessibile”?
Oppure ne scendereste  appena possibile?

L’impressione che "l’obbligo flessibile"  sia un’dea ben radicata  nella ministra è confortata da una sua ulteriore precisazione : « … l’idea di un obbligo flessibile a seconda dei territori è l’idea più sensata».
Sensata ?! Beh, se lo dice un ministro della repubblica italiana …

Essendo un ministro di quella repubblica c’è da ritenere che i territori a cui fa riferimento non siano extra-continentali ma quelli peninsulari quindi con distanze sostanzialmente limitate.
Allora se sarà prevista una flessibilità territoriale cosa potrebbe succedere ad un bambino (dato che la classe di età interessata della diatriba è quella) che abita a Vallo della Lucania se andasse con i genitori in vacanza a Bassano del Grappa.
E, per converso, se una famiglia di Sondrio decidesse di andare al mare a Marina di Caronia?

Già nel 2015 erano state pubblicate alcune considerazioni su rigore assoluto e rigida severità.
Cambiano i governi ma l’italianità resta la stessa, d’altra parte il problema ha origini lontane.

Liguri e Genovesi osservate in che condominio stiamo vivendo.
Cosa ne pensate? Va bene così?

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Commenti recenti

  • Ospite (full speed ahead !)

    La ringrazio per il commento. Anch'io vivo a Genova ed ho notato il malcostume che segnala. Purtroppo i genovesi (non tutti) si sono italianizzati. Se Le capitasse di leggere le considerazioni sulla scuola -pubblicate nel sito- potrà notare che tramite un diverso percorso educativo intendiamo far sv...
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  • Ospite (Stefano)

    La sua considerazione mi pare pertinente ma devo farle un'osservazione. Se non ho capito male lei mette in "contrapposizione" i liguri e i genovesi con gli italiani. Vivo a Genova e per quel che mi capita di osservare tutti i giorni anche qui il codice stradale viene rispettato in modo flessibile....
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