Vocazioni

Due storie.
La prima mostra un gruppo di persone mentre al grido “Dimissioni!” tentano di fare irruzione a Palazzo Tursi, sede del Comune di Genova.
La seconda mostra il Sindaco di Genova Marco Doria durante una trasmissione televisiva mentre attribuisce la colpa della recente alluvione della città ad una serie di opere idrauliche realizzate dai fascisti negli anni Trenta del Novecento.

Sfugge completamente cosa c'entrino con la calca popolana della storia iniziale i due personaggi incuneati in prima fila: Cristiano De Andrè e Francesco Baccini.
Famoso per essere il figlio di un molto più famoso genitore il primo.
Noto per un passato di artista di successo, anche se finora a nessuno è venuto in mente di citare a memoria il titolo di qualche canzone della massima importanza da lui interpretata, il secondo.
Forse è stato un impeto di ribellione. Forse dell'altro che fino ad adesso avevano procrastinato.
Chi lo sa?
Sicuramente i commentatori ufficiali la sanno lunga e saranno già riusciti a rintracciare l'origine di queste presenze.
Al pari degli artisti nel bel mezzo della calca, sfugge completamente cosa c'entri con il dissesto idro-geologico di mezza città la copertura della foce del torrente Bisagno realizzata 80 anni fa. Perché il Sindaco sembra ignorare che, se la sua amministrazione magari non ha colpe dirette, è pur sempre riconducibile a quella cultura di sinistra che ha governato Genova negli ultimi 40 anni.
Edificando ovunque. Anche dove l'interesse ed il benessere comune lo sconsigliavano.
La causa forse della grigia solitudine che sembra circondarlo e delle teorie difensive a tutto campo elaborate secondo il principio della compensazione.


Qui l'appiglio per scivolare in una interpretazione freudiana delle tante giornate buie, passate e presenti, della storia di Genova. La teoria delle vocazioni.
Che sono il cuore stesso della personalità, il nocciolo del mito. La dico grossa. La dinastia delle dinastie locali, i Doria, o si scrive D'Oria?, di suo ha lasciato ai posteri il fatto di aver inventato il codice di quello che poi sarà famoso come “Badoglianesimo”.
La fuga di fronte al nemico.
Il capostipite, Andrea D'Oria, infatti fuggì di fronte al Fiesco vittorioso.
Di corsa, ma non su bestia da corsa. A bordo d'asino. Tutto detto.
Nessun onore cavalleresco neppure a livello del sacro deretano. Buon per lui che il Fiesco ebbe la brillante idea di cadersene in mare sul più bello.

Anche qua, tutto detto. I genovesi non son capaci a vincere neppure quando giocano da soli. Quindi che aspettarsi?
Ma il Diluvio naturalmente.

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Delli houmeni dabbene e Del Viver sperando

Dal sindaco uscente del mio paese ho ricevuto questa lettera con richiesta di voto per la sua lista denominata: "Delli huomeni dabbene".

Il sindaco avendo fatto due mandati si propone come consigliere e presenta il suo successore.
“Caro concittadino, sono già passati dieci anni da quando rendevo pubblica la mia candidatura alla carica di Sindaco del nostro bel paese.
Da allora è cominciato un percorso che attraverso due mandati ha portato ad oggi. Io ritengo che questa esperienza sia stata fortemente positiva per me.
Non ho guadagnato granché. Ma non ho neppure fatto granché.
A dire la verità mi sarei aspettato di più, mi sarebbe parso giusto guadagnare meglio.
Ora, giunto alla fine del mio percorso, ho bisogno del tuo aiuto, non so proprio come fare. Il terzo mandato non c'è.
Credevo di potermi candidare in Provincia ma una morale antidemocratica ha eliminato il consiglio provinciale.
Allora ritengo giusto e necessario farti un elenco delle mie necessità e per questo allego una nota delle mie spese correnti. Scoprirai che sono tante, ma cosa vuoi, almeno al damangiare credo di avere diritto. Non dico altro.

Comunque, siccome non ho nessuna possibilità di cercarmi un lavoro, anche perché un mestiere non l'ho, ti confermo che sarò ancora presente in lista insieme a mio cugino che è candidato Sindaco (almeno uno in famiglia che porti a casa lo stipendio ci vuole) ed a mio nipote.
Come dice il proverbio se ci si mette in tre almeno uno prende per sé.

Sperando, grazie al tuo voto, di potermi ancora mantenere al servizio del paese in cui sono nato e dove negli ultimi dieci anni ho vissuto proprio bene. E dove vorrei continuare a vivere.
Colgo l'occasione per salutarti cordialmente. “

Chissà se il vecchio sindaco ce la farà.
La sua non è l'unica lista in campo. Ce n'è un'altra denominata: Del Viver sperando.
Questi non hanno mandato nessuna lettera, hanno solamente distribuito un volantino che collezionava i volti di ogni singolo candidato presentati in altrettante inquadrature, il cui simbolismo estetico più che nella tradizione della propaganda politica sembrava aver pescato nello stock degli antichi manuali di psichiatria.
Si dice che dietro ad ogni grande uomo c’è una donna.
Bene: dietro ad ogni candidato alle elezioni, oggigiorno c’è sempre un gruppo di volenterosi o con qualche qualità e con molti bisogni o con pochi bisogni e forse ancor meno qualità.
Da quando accade questo? Semplice: da quando il posto in un qualsiasi consesso elettivo è diventata la vera e propria sceneggiatura del programma.
Ne abbiamo di esempi.
Si dice: ormai la è la TV a tracciare la strada e la politica è come la TV; assorbe tutto e rimanda indietro.
E' vero. Oggi tutto viene reso “televisione”.
Magari dopo aver un po' modificato la realtà. Proprio quello che ho fatto io riscrivendo e rimasticando un avvenimento come le elezioni comunali.

Tornado alla realtà, chissà chi vincerà al mio paese?
Ma è chiaro, il miglior teatrante.
Nella società dello spettacolo in effetti i bravi interpreti sono sempre avvantaggiati.

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€ o ₤ ?

Alla TV stanno trasmettendo l'ennesimo dibattito.
Politicanti ed opinionisti stanno imperversando nei vari dibatti, talk show (ora si dice così), interviste in previsione delle prossime elezioni europee. Per farsi un po’ di campagna pubblicitaria nella ricerca di voti a proprio favore illustrano analisi, esplicitano convinzioni, distribuiscono critiche agli avversari dimenticando che tutti (ad eccezione dei parlamentari del Movimento 5 stelle) sono stati al governo.

I cordoni della borsa sono stretti dai vincoli europei e la fregola maggiore che anima questi individui è allentarli per aumentare l’acquisto di clientele. Questo circo sarebbe divertente se non fosse tragico.
Quelli che vogliono tornare alla Lira trovano la risoluzione del problema nella possibilità di stampare moneta.
Gli altri si dichiarano sostenitori dell’euro purché venga concessa la possibilità di sforare dello zero/virgola il tetto concesso ad deficit.
Per gli uni e per gli altri i colpevoli di tutti i mali sono i Tedeschi, irremovibili sui paletti messi alla fantasia contabile.

Mi piacerebbe che tutti questi “scienziati” della politica e della allegra spesa mi spiegassero perché l’euro ha funzionato in un verso nella penisola italiana e nel verso opposto nella Repubblica Federale di Germania.
Sarà mica che il problema non è l’euro ma la serietà di coloro che siedono nelle istituzioni?

Serietà ... già, proprio quella … ma dimenticavo le origini della repubblica italiana

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Farsa italiana in tre tempi

1° - Nella recente partita di calcio tra Fiorentina e Napoli un romanista ha sparato ad un sostenitore dalla squadra partenopea.

2° - Qualcuno va a parlare col capo dei tifosi del Napoli (che lo abbiamo fatto per chiedergli se era comodo stare seduto in cima alla recinzione?). Prontamente il ministro degli Interni, Dr. Avv. Alfano Angelino, smentisce qualsiasi trattativa finalizzata ad evitare disordini.

3° - Napolitano Giorgio prontamente individua i principali responsabili dello stato di “incertezza” che periodicamente alberga negli stadi e nelle aree circostanti : le società sportive.
Peraltro, nell’intervista riportata, gli sfugge una verità «è il segno di una crisi morale, di valori e di comportamenti». Chissà se, per quanto di sua competenza, ne sente un po’ di responsabilità; è stato eletto deputato nel 1953 e da allora ha avuto sempre ruoli politici rilevanti.

Genovesi e Liguri non pensate che sia il caso di cambiare lo Stato?

P.S. avete notato le bordate di fischi durante l'esecuzione della canzone di Mameli Goffredo?

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La teoria della qualità, secondo Matteo (Renzi)

La qualità è quell'insieme di fattori, caratteristiche, combinazioni, proprietà inattese ed imprevedibili ma ben radicate nell'animo, che guidano gli uomini sulla strada dello sviluppo creativo, delle possibilità dell'innovazione, delle prospettive di crescita individuali e collettive.
Questa strada spesso è prederminata appunto dalla qualità, cioè dal potenziale proprio esistente in ciascuno. Un potenziale che a seconda dei casi, sia esso maggiore o minore, può dare nuova forma alla singola personale natura, legittimando l'individuazione di sempre diverse probabilità, sempre diverse opzioni di vita, ovvero rendendole ripetitive, invariate, teoricamente senza nessuna possibilità di novità.
Dunque, sarebbe stato lecito pensare che muovendo da questa conclusione l'attivissimo Matteo Renzi creasse una rottura nella prassi dell'immobilismo politico italico cominciando a modellare la realtà secondo il potenziale esistente (le migliori qualità di ciascuno) e non al contrario di racchiudere il potenziale esistente nei limiti angusti della realtà formale di chi vuole o non sa far altro che di accontentarsi della banalità della propria posizione.
Ci si sarebbe aspettato un inizio di storia che separasse una volta per tutte gli interessi elettoralistici dei Partiti da quelli dei bisogni del Paese; che superasse la malattia dell'assistenzialismo clientelare immaginando qualcosa che andasse verso il riconoscimento della freschezza intellettuale delle persone più intraprendenti, verso una nuova relazione con i cittadini dove ognuno conta a misura della sua partecipazione fiscale e civile alla vita della comunità.
Insomma, ci si attendeva che in rispetto al principio della qualità così tante volte conclamato nei discorsi e nei buffet della vigilia e così connaturato con le umane vicende, Renzi si facesse carico di rafforzare tutte le forze produttive anche quando si trattasse di consuetudini e forme di ordine particolare come quelle legate al risparmio ed alla proprietà anche quando queste non sono direttamente indirizzate alla creazione di posti di lavoro. Se non altro perché nel Bel Paese sono state proprio le qualità personali (e non le politiche governative) che hanno permesso lo sviluppo di piccole e medie imprese e l'accumulo di piccoli e medi capitali.
E se questo non bastasse resta il fatto che solo un Paese con una gran parte della popolazione capace di buoni livelli di reddito e di mantenere attiva una struttura economica articolata può ottenere buone prestazioni nel difficile scenario economico e sociale contemporaneo. Invece con dannosissimo "ritorno all'uguale", Renzi ha pensato bene di dare il via ad un programma tutto incentrato sullo scambio politico attraverso l'aggiustamento della redistribuzione delle risorse fra gruppi sociali.
Da quelli che avendo qualità inattese ed imprevedibili si sono impegnati sulla strada dello sviluppo creativo cercando sempre occasioni migliori e diverse, lavorando, guadagnando, risparmiando, comprando la prima casa, poi la seconda (magari per i figli), investendo in titoli (magari di Stato), comunque sempre attenti a non fare sprechi ed a migliorarsi, a quelli che talvolta non riescono, ma troppo spesso non sono capaci, di individuare un loro percorso di crescita accontentandosi di occupare un posto di lavoro standardizzato creato da altri, mantenuto con i soldi di altri ancora.

L'esito è l'esaltazione di una forma particolare di qualità: quella elettorale.
Il pragmatismo elettoralistico di Renzi si è spinto al punto di far coincidere  con l'inizio di maggio l'avvio al suo programma di tassazione punitiva del miglior potenziale umano esistente sullo Stivale a favore di nuove condizioni per vecchi elettori,.
Giusto qualche giorno prima delle Elezioni Europee nelle quali per il PD si annunciava la disfatta.

A questo punto a chi ha risorse originarie e crede che il presupposto imprescindibile dell'esistenza siano le prospettive di crescita e non quelle di sopravvivenza restano due sole cose da fare.

O dare forma ad un nuovo Partito che ne tuteli gli interessi e ne rispetti le qualità.
O prendere i propri risparmi e con un giroconto trasferirli in un istituto bancario estero.

Le tasse si pagano lo stesso ma affamare l'affamatore è molto meglio di morire affamati.
Anche perché lui, l'affamatore, avendo sempre fame preferisce mangiare subito di meno che rischiare dopo di non mangiare per niente.

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