Milano : incendio di un impianto per il recupero e smaltimento di rifiuti pericolosi
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- Scritto da Pierluigi Patri
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Da oltre 20 anni sosteniamo la soluzione sotterranea per localizzarvi impianti a rischio e più volte ne abbiamo scritto in questo sito.
È di oggi la notizia che a Milano un incendio sta divampando in un impianto che si occupa del recupero e smaltimento di rifiuti pericolosi.
La situazione è molto grave perchè stanno bruciando decina di migliaia di litri di solvente. I rischi più grandi sono due: quello ambientale, perchè la nube di fumo potrebbe contenere sostanze tossiche, ed il possibile coinvolgimento di aziende limitrofe.
È intuitivo che in pianura la sistemazione sotterranea sia molto complessa ma là dove l'orografia facilita questo tipo di soluzione la scelta dovrebbe essere indiscutibile.
In un caso come quello milanese la sistemazione in caverna consentirebbe di "sigillare" -rapidamente ed efficacemente- l'impianto sia contenendo l'emissione di fumi ed inquinanti, sia circoscrivendo l'incendio per evitare il propagarsi del fuoco.
Va tanto di moda la politica "green" allora perchè i Consigli di competenza (regionale? comunali?) non elaborano ed approvano una legge che imponga questa scelta di sicurezza a tutela dell'ambiente e della salute?
Noi partigiane di Cornigliano
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- Scritto da uno dei tanti
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Il Secolo XIX di oggi ha pubblicato un articolo sull'intitolazione di un giardino di Cornigliano alle donne che manifestarono contro l'acciaieria.
Vinsero quella lotta ma il risultato deve ancora trovare il succeso completo.
Gia quaranta anni fa quelle donne avevano intuito ed indicato l'obbiettivo per lo sviluppo:
“più lavori, più vita, più conoscenze”
Allora solo qualche tecnico poteva ipotizzare gli svuluppi culturali e tecnologici che sono avvenuti ma oggi le possibilità a portata di mano dovrebbero essere chiare a chiunque.
Cosa aspetta chi di dovere a proporre una "rivoluzione" culturale ed ambientale che porti ricerca e lavoro per un benessere sociale diffuso?
Gli spazi per realizzare un Eden che compensi Cornigliano per la servitù patita sono lì, 1.000.000 di metri quadrati a portata di mano.
L’"Accordo di programma” sottoscritto nel 1999 non è una legge scolpita sulla pieta ed immutabile; ciò che allora -per vari motivi- non era immaginabile o proponibile può e deve essere modificato.
La salvaguardia degli attuali dipendenti è irrinunciabile ma ci sono le possibilità per mantenere loro il lavoro tramite corsi di riqualificazione od impiego in altre mansioni.
Il nuovo, facilmente immaginabile pensando alle attività di elevatissima qualità già presenti come l'IIT, è l'occasione per offrire ai giovani l'opportunità di lavoro qualificato, per invogliarli a rimanere nel territorio, per arricchire culturalmente, economicamente e socialmente Cornigliano e tutta Genova.
Liguria
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- Scritto da La Redazione
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È la Liguria terra leggiadra.
Il sasso ardente, l’argilla pulita,
s’avvivano di pampini al sole.
È gigante l’ulivo. A primavera
appar dovunque la mimosa effimera.
Ombra e sole s’alternano
per quelle fondi valli
che si celano al mare,
per le vie lastricate
che vanno in su, fra campi di rose,
pozzi e terre spaccate,
costeggiando poderi e vigne chiuse.
In quell’arida terra il sole striscia
sulle pietre come un serpe.
Il mare in certi giorni
è un giardino fiorito.
Reca messaggi il vento.
Venere torna a nascere
ai soffi del maestrale.
O chiese di Liguria, come navi
disposte a esser varate!
O aperti ai venti e all’onde
liguri cimiteri!
Una rosea tristezza vi colora
quando di sera, simile ad un fiore
che marcisce, la grande luce
si va sfacendo e muore.
di Vincenzo Cardarelli
(Tarquinia 1887-Roma 1959)
Nota: ho pubblicato questa poesia per "colpa" di un mio insegnante di Lettere al Liceo Scientifico "Calasanzio": il Professore Renato Dellepiane.
L'ha inserita nel Suo libro "VITA DI SCUOLA SCUOLA DI VITA" e, ritrovandovela, non ho potuto fare a meno di riproporla a coloro che frequentano questo sito.
"Liguria" dovrebbe far riflettere e risvegliare l'amore e l'orgoglio per la nostra Terra; è stata scritta da un foresto che -forse per questo- ha saputo coglierne la bellezza troppo spesso non percepita dai Genovesi.
Quale ruolo per Genova?
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- Scritto da Peter Beffroy
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Avverto il Lettore con chiarezza.
Non è mia intenzione prendere le parti ed il posto di nessuno, tantomeno assumere una vicinanza od una distanza verso i singoli candidati alla elezione per il Sindaco di Genova e le loro eventuali proposte. Tuttavia non posso tacere che nella rubrica «Il dibattito» sul numero 19 della rivista «La Città», giornale di impegno civile, ho trovato un articolo titolato: «Cinque punti per cambiare Genova».
Primo: Tornare a crescere.
Secondo: Una città educativa.
Terzo: Una città giusta per tutti.
Quarto: Sostenibilità e diritto alla città.
Quinto: Una città più grande e più vicina.
Ognuno di questi argomenti affronta un nodo decisivo per il futuro di Genova ed almeno quattro - il primo, il terzo, il quarto ed il quinto - sono al centro dell’impegno di A.R.Ge. da circa tre anni .
Evidentemente vi sono ragioni che finalmente sono state comprese non solo da chi, come noi, federalista per natura, si batte per un diverso modello di Città e di regione dentro, non contro, un’Italia rinnovata, ma anche da quella parte culturale che, impegnata su altri fronti, solo saltuariamente si preoccupava di costruire un immaginario credibile intorno a cosa Genova è stata per poi immaginare, e dire, dove vuole andare.
Naturalmente, per ogni singolo tema, la lettura proposta della nostra Associazione in parte si discosta da quella offerta ai lettori de «La Città». Ma quelli trattati sono temi-obiettivo e dunque è persino necessario che ogni soggetto sia portatore della sua propria esperienza. Anche opposta. L’essenziale, mi pare, è che questi argomenti una volta per tutte vengano immessi nel dibattito pubblico.
La rivista diretta dal Prof. Luca Borzani lo ha fatto. Benvenuta nel pieno del maelström di Genova. Speriamo altri seguano.
Per uscirne c’è bisogno di aprire un dibattito critico coinvolgendo le migliori energie intellettuali della Città sfidando, con ciò, i raggruppamenti di interessi più conservatori. Che sono tanto di qua come di là. A sinistra, a destra e nel centro.
In quanto alla posizione dell’Associazione Repubblica di Genova i Soci mi scuseranno se, prendendo a riferimento lo schema del citato «n. 19», mi permetto di riassumerla nel modo seguente.
Su alcuni punti, come il primo ed il terzo, siamo andati abbastanza avanti coinvolgendo soggetti diversi a livello locale come nazionale.
Ormai è chiaro che «tornare a crescere» non è una questione demografica ma intellettuale; conoscenza e ricerca sono le linee guida. L’insediamento di centri di ricerca e di nuove imprese produttive ad alta tecnologia e basso consumo di spazio è una necessità impellente. Nessuna città del terzo millennio può cambiare di scala se non elimina il problema delle fabbriche.
Circa «una città giusta per tutti», obiettivo al quale noi sostituiamo quello di una «ri-Generazione della Città», pensiamo che vi siano due linee di azione. Attrarre giovani preparati e trattenere i nostri al seguito dell'insediamento di nuove attività. Quindi ristabilire un rapporto fra le generazioni partendo da quello che alle due estreme categorie manca: confessare all'altra ciò che di quella non piace e ciò che si sarebbe disposti a riconoscerle.
Sul quarto, «rapporto con la città-porto» concordiamo in pieno. Genova, anche quella della Repubblica, era ed è una città con porto non una città portuale. In più un eccessivo sviluppo portuale è contrario all’espansione dell’industria tecnologica. Urbanisticamente i due soggetti non possono coesistere se non al prezzo di un ridimensionamento di quello marittimo.
Sul quinto, «una città più grande e più vicina», proponiamo una chiave di lettura più intimamente connessa a Genova antica, richiamando in questo la metafora della «città-virtuale», circondata com’era da comunità autonome ma partecipative. Principio oggi rievocato nell'ipotesi della città fatta di altre città.
Del resto la concentrazione degli interventi di recupero urbano nelle aree centrali non ha permesso di attivare le «Delegazioni», che già nel titolo incorporano l’attribuzione di una inferiorità di specie, incanalando le loro energie in una opposizione che sta avviandosi ad essere radicale ed a raggiungere forme di intensità psicologica irrecuperabili. Oppure recuperabili in un contesto di post-città.
Cioè la fine della Genova che ancora immaginiamo possibile.
Una conclusione brusca, al limite della sopravvivenza.
Ma il tentativo di ribaltare questo risultato riporta ai temi poco prima introdotti.
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