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- Scritto da Luiggi Pariggi
- Categoria: Costume e Società
Fiorentine alla genovese.
Così recitava un cartello esposto sulla vetrina di un macellaio in città.
Non so bene quale fosse l'intenzione del negoziante in questione. Se di proporre il taglio di carne detto “alla fiorentina” in una versione tutta locale: meno costosa ma di dimensioni più contenute, ovvero se di presentare al pubblico uno stallo similare all'originale ma non identico; una specie di sostituto insomma. Oppure se di attirare semplicemente l'attenzione del possibile cliente. Cosa, quest'ultima, riuscitissima.
Come sono stato attirato io, sicuramente lo saranno stati anche altri.
La differenza fra me e gli altri è che io ho trovato questo cartello curioso ma non vivace.
L'idea di accostare al sostantivo qualitativamente conclamato di “fiorentine” l'aggettivo qualitativo palesemente subordinato di “genovese” sul piano della comunicazione, anche commerciale, è un autogol clamoroso.
Perché, già nel titolo, attribuisce alla versione locale una diversa e forse inferiore quantità o qualità anche se, probabilmente, compensata da un minor prezzo. Che poi minore non è se ridotta è la quantità o diversa la qualità. Giacché i prezzi delle derrate sono comparabili solo a parità di peso e di genere.
Tutto questo parlar si soldi, perché di soldi si tratta, a Genova, nazione di negozianti, dovrebbe avere un peso rilevante.
Invece pare di no. La seduzione da anni ormai sta nel presentarsi come furbi micragnosi. Dove la furbizia non sta nella capacità di spendere bene i propri soldi, in rapporto al tempo impiegato ed al controvalore ottenuto, ma nella possibilità di avere un risparmio immediato, magari solo apparente.
Perché il fattore ereditario di quella Genova che era stata la Manhattan del XVI e XVII secolo è un egoismo al limite dell'accattonaggio? Forse che l'intelligenza ed il valore dei moderni Genovesi negli anni si è affievolito gradualmente arrivando al prototipo quasi caricaturale odierno?
Una congettura che si potrebbe avanzare in base al fatto che apparentemente si sono persi tutti i modelli auto-rappresentativi derivati dalla storia. Quello del Genovese un po' santo, un po' nobile, un po' pirata, ma sempre padrone della sua vita. Mai debitore o subalterno. Sempre più ricco, sempre più cattivo, ma con uno stile tutto suo.
Come la nobile Rivarola che imprestava l'elemosina.
Provavate un po' a non restituirgliela dopo i tre anni del pegno. Una salva di bastonate non ve l'avrebbe levata nessuno.
Perché allora, non dire: Bistecche alla genovese, altro che fiorentine!
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- Scritto da Pier Cristiano Torre
- Categoria: Costume e Società
Addio, Amico!
Se n'è andato Mario Polastro, Presidentissimo dell'ARGe.
È stato un personaggio che ha segnato la vita associativa genovese per oltre 30 anni.
L'antico "Repubblichista" Genovese per antonomasia. Mai un atteggiamento banale. Serio e caparbio al limite della vocazione; apparentemente burbero ma intimamente allegro. Combattivo temerario ma sempre lucido ragionatore; provocatore, talvolta fazioso, ma al solo scopo di far emergere l'opinione altrui. Per Lui la vita era una disciplina che metteva insieme umiltà, rispetto e onore.
Aveva conosciuto il mondo a tal punto che parlava quasi solo Genovese. In questo modo esprimeva la Sua passione per un Universo Ideale dove al primo posto erano le facoltà private dell'individuo.
Dovendo tradurre tutto questo in una immagine, direi che Mario Polastro era un po' come gli Argonauti. Come loro cercava una maniera diversa di stare insieme.
Con l'auspicio di questa immagine, Genovesissimamente senza tristezza, oggi mi piace ricordarLo.
Addio, Amico!
Pier Cristiano Torre
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- Scritto da Eugenio Ceroni
- Categoria: Costume e Società
Questa è di nuovo una notizia allucinante che dimostra ancora una volta l’insipienza della classe politica.
Genova oltre ad essere stata privata, duecento anni fa, della propria autonomia ed indipendenza a favore dei Savoia, oltre ad aver subito massacri e ruberie dai bersaglieri di Lamarmora ora, con la proposta di parte della destra e con la simpatia della sinistra, dovrebbe vedersi attribuito il titolo di “città dell’inno”.
Mameli e Novaro, pur essendo di Oregina, senz’altro possono avere concepito l’inno in qualunque parte della penisola, e Mameli è morto giovanissimo a Mentana.
Ad oltre 150 anni dalla riunificazione italiana, che ha portato al paese due guerre mondiali, il fascismo, oltre all'attuale scarsa considerazione europea per la pessima qualità della politica italiana, dobbiamo anche leggere di queste proposte.
Ai proponenti tutte le parole che si diranno sull’argomento non costano nulla nonostante ci siano problemi importanti che non vengono nemmeno affrontati.
Dispiace dover assistere a questa farsa in cui destri e compagni cercano di dimostrare che l’unione nel paese è buona.
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- Scritto da Mano destra e mano sinistra
- Categoria: Costume e Società
Sembrerebbe un filmato di “Scherzi a parte” invece è la realtà.
“... passanti che sono intervenuti in difesa dell'abusivo pensando che i vigili stessero facendo un abuso...”
Mi sono chiesto in quale altra società sarebbe successa una cosa analoga.
È vero che il comportamento di quegli individui non può essere generalizzato ma è tragicamente comico che gente “normale” prenda le difese di un fuori legge (perché se qualcuno non rispetta le regole si pone fuori dalla legge).
Ma poi è davvero gente normale? Oppure i loro parametri di normalità sono quelli dimostrati dal loro intervento?
Evidentemente il comune sentire fa percepire come vittima chi non rispetta le regole.
Non per niente, ancora oggi la storia sempreverde dell'Arci-italiano, reso famoso a suo tempo da Alberto Sordi, è lì a testimoniare della vocazione di una certa quota di popolazione ipocrita, affamata di sprechi, di pane e di soldi, che non fa distinzioni fra convinzioni e convenienze rovesciando ad ogni occasione il senso del peccato: "L'hanno messo dentro, ma se non lo prendevano".
E qua il discorso si fa ampio e complesso perché tra l'altro evidenzia la scarsa fiducia nei comportamenti dell’autorità. Autorità che ha dimostrato nel tempo, recente e passato, di meritare ben poca fiducia e stima.
Ci conviene continuare a condividere uno stato in cui domina questo senso civico?
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- Scritto da Pierluigi Patri
- Categoria: Costume e Società
L'altro ieri, in anticipo su un appuntamento, mi sono fermato in un bar per bermi un cappuccino e far passare il tempo. Mi sono messo a leggere il giornale non facendo più di tanto caso agli avventori seduti ai tavoli vicini.
La mia attenzione, però , si è puntata ad un tavolo a fianco dopo aver sentito la parola "banca" ripetuta un paio di volte in brevissimo tempo.
Facendo finta di continuare a leggere ho prestato ascolto (sì, lo so, non è educato ascoltare di nascosto i discorsi altrui) a quanto stavano dicendo le due persone accanto a me. Non ho capito quale banca fosse oggetto dei loro discorsi ma chi stava parlando sosteneva che i responsabili dei danni a coloro che hanno depositi o azioni dovrebbero essere condannati non tanto alla galera ma a restituire tutte le perdite provocate e se non lo facessero "devono suicidarsi".
Sarei intervenuto se il suo interlocutore non gli avesse immediatamente ribattuto "E sì che quelli sono talmente scemi da suicidarsi".
E l'altro "No problem [proprio così] in quel caso li si fa suicidare e si confisca tutto ai loro parenti come goditori dei benefici della truffa".
Mi è venuto da pensare che simile procedura potrebbe risultare un ottimo deterrente.
Mi sbaglio?