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L'incerto Natale dei Genovesi. CARIGE addio?

Dettagli
Scritto da Luiggi Pariggi
Categoria: Costume e Società
Pubblicato: 17 Dicembre 2015

Genova 12 novembre 2015.
Banca CARIGE.
L'Ufficio Stampa emana un comunicato fatto di 5 righe.
Nelle prime due si informa della decisione di BCE1 del 10 marzo 2015, che inibisce il pagamento dei dividendi di alcuni Titoli, nelle successive tre si chiarisce che la decisione della BCE è conseguente alla “Condizione 5(b)dei Titoli, alla Data di Pagamento Interessi che cade il 4 dicembre 2015 Banca CARIGE non pagherà interessi sui Titoli, e il diritto dei portatori dei Titoli a ricevere tali importi sarà pertanto interamente ed irrevocabilmente cancellato e rinunciato.”. Amen.

Quelli che per i Genovesi erano sempre stati una fonte inesauribile di narrazione poetica e letteraria: il Banco, la moneta, il risparmio, in un colpo solo sono venuti meno.
Naturalmente, secondo lo stilema classico che riunisce le diverse situazioni attualmente codificate a livello locale, nel silenzio generale.
Si dirà che non è la prima volta che Banca CARIGE incappa in un provvedimento dall'alto. Mi pare fosse un anno fa, le cedole di un Titolo erano state rinviate poi tutto era rientrato per il meglio. Questa volta però è diverso. Intanto l'universo che ruotava attorno a CARIGE non è più quello che si conosceva. Azzerato, smembrato, venduto, è un pallido epigone di sé stesso. E poi, c'è il fatto che questa volta il diritto dei portatori dei Titoli è, come scritto, “irrevocabilmente cancellato e rinunciato”. Venendo meno con ciò uno degli elementi base del rapporto fiduciario fra l'Istituzione – in questo caso una Banca – e l'utente, cliente, cittadino che sia: la reciprocità.
A questo punto sorgono dei ragionevoli dubbi sul futuro di Banca CARIGE, che poi è quello dei suoi clienti. Poco importa siano essi correntisti, azionisti, obbligazionisti.
Si riprenderà? Sarà acquistata? Soffrirà ancora? Chi lo sa. Di sicuro c'è una buona notizia. Non fallirà.
Dal 1° gennaio 2016 entra in vigore a tutti gli effetti il famoso “Bail In”. Le banche non potranno più fallire. Come sempre c'è un rovescio della medaglia. In caso di disastro di un Istituto bancario il “Bail In” prevede rispondano prima gli azionisti, poi gli obbligazionisti, infine i correntisti sopra i 100.000 €.
Se ce ne sono, altrimenti?
Protagonista di questa mutazione è la realtà, non solo quella strettamente economica, che ha innescato una mobilità di capitali e di informazioni così intensa da mettere in crisi ogni impalcatura culturale, produttiva e burocratica troppo rigida o anche solo poco reattiva.

Señor caramba! Ô l'aiva lottòu pe mette i dinæ ~a-a banca e poèisene ancon ûn giorno turnâ in zû e fâse a palassinn-a ...
É il leitmotif di: Ma se ghe pensu2 , canzone simbolo di un certo odierno genovesismo, malinconico e passatista, sempre alla ricerca di un rinnovato blasone per sé e per la sua Città, speranzoso che, come una volta, basti genericamente seppellire i soldi in una Banca per invecchiare tranquilli e sereni.
Non è così. Forse non lo è mai stato. Sicuramente oggi non lo è più del tutto. Oggi non si può stare dietro alle correnti di flusso sperando di riuscire a prevedere dove passeranno. Bisogna stargli davanti per incanalarle prima che arrivino al punto di stretta.
Una cosa che gli Antichi Genovesi sapevano fare benissimo. I moderni, sembra, molto di meno.


1 Banca Centrale Europea
2 Brano del 1925, versi e musica di Mario Cappello con la collaborazione di Attilio Margutti per la stesura musicale

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La carta costituzionale italiana. Quella sì che è una carta ...

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Scritto da Pierluigi Patri
Categoria: Costume e Società
Pubblicato: 29 Ottobre 2015

Qualche giorno fa il presidente del consiglio dei ministri, Renzi Matteo, aveva annunciato l’abolizione della TASI e dell’IMU sulla prima casa suscitando nell’eletto Bersani Pierluigi una pronta presa di posizione argomentando che “Taglio Imu viola Costituzione, chi ha di più paga meno”.

Ohibò, la cosa è seria … verrebbe da pensare.
E perché sarebbe violata la costituzione della repubblica italiana? Perché contrasta, sostiene, con l’articolo 53 che sancisce : “Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.“.
Orbene la carta costituzionale della sopracitata repubblica fornisce diversi spunti di curiosità (per esempio l’articolo 1 e l’articolo 4 di cui avevo argomentato in un precedente articolo).
Tra questi articoli curiosi c’è anche il 53 che stabilisce due dati con “teutonico” rigore :

- 1) i cittadini concorrono alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
- 2) il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

Per come la vedo entrambe le affermazioni sono disattese:
- 1) Se i cittadini devono concorre alle spese pubbliche in base alla loro "capacità contributiva" perché sono esentati, per esempio, i redditi da lavoro dipendente inferiori agli 8.000 euro annuali, oppure i redditi inferiori ai 4.800 euro per quello autonomo? Quali speciali meriti hanno acquisito quelle due categorie di percipiènti reddito per diventare non-contribuenti?
- 2) La progressività prevede 5 scaglioni dal 23% al 43% in relazione al reddito dichiarato. I padri della patria (povera figlia!) hanno volutamente ignorato che anche una sola aliquota garantisce la progressività.
Mettiamo un’aliquota del 30% per tutti : chi guadagna 15.000 euro pagherebbe 4.500 euro di tasse , chi ne guadagna 45.000 ne pagherebbe 13.500 : la progressività sarebbe assicurata senza alcun artificio “progressivo”.
Tra l’altro è evidente che chi paga di più  usufruisce della spesa pubblica in modo identico a chi paga di meno giacché, per esempio, l’offerta di scuola pubblica è la stessa per entrambi.

Ad ogni buon conto ho voluto capire cosa giustifica lo strano criterio applicato per arrivare a questa originale forma di progressività del sistema tributario.
In sostanza è una redistribuzione di soldi per ”il raggiungimento dei fini di giustizia sociale fissati dalla Costituzione”.
Vorrei che qualcuno mi spiegasse cosa si intende per “giustizia sociale “ dato che ho l’impressione si tratti di un argomento tirabile per tutti i versi in relazione agli interessi elettorali del politicante di turno.

Termino evidenziando un’altra curiosità costituzionale. L’articolo 36 proclama che “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro …”.
Principio sublime!
Una persona guadagna di più perché lavora di più e meglio; peccato, però, che veda la sua retribuzione tassata in modo “progressivo”.
Così impara, quello “scemo”, a lavorare di più e meglio di un furbo.

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Italianamente

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Scritto da Pierluigi Patri
Categoria: Costume e Società
Pubblicato: 03 Ottobre 2015

Nel senato della repubblica italiana stanno litigando dando sfogo a manifestazioni di vario genere.
È successo che tale Barani Lucio abbia compiuto un “gesto osceno” inducendo Grasso Pietro, presidente di tale consesso, a dichiarare che per impedire altre situazioni analoghe “ … il rigore sarà assoluto.”.

Questa categorica affermazione me ne ha fatto venire in mente un’altra altrettanto draconiana : è severamente vietato.
Che senso hanno?
Per gli italiani il rigore può anche essere un po’ così? Il rigore può essere parziale?
Allora che rigore è se, per rigore, il vocabolario Treccani scrive che significa “Rigida severità”. Peraltro anche questa definizione suscita perplessità perché una severità molle che severità è?
Stessa relatività l’ispira l’altra affermazione. Se qualcosa è vietato significa che non si può fare. Punto e basta.
Non è possibile che ci siano divieti severi perché, altrimenti, significa che ce ne sono altri non severi e l’ovvia conclusione è che pertanto si possano infrangere.
E qui si torna al senso civico italiano di cui è stato recentemente scritto in questo sito nella "A ciassa do paize".

Ci conviene condividere quell’ambiente?

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IMU alla “Sblocca Italia”

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Scritto da Luiggi Pariggi
Categoria: Costume e Società
Pubblicato: 20 Luglio 2015

Non hai i soldi per pagare le tasse comunali? Lavorerai gratuitamente per il Comune a 7€ l'ora fino a colmare il debito.

Questa sembra la soluzione contenuta nel famoso decreto “Sblocca Italia” che, appunto, dovendo mirare al sodo, per una volta non indulge in tante filosofie di ampia portata : se sei debitore di imposta paghi; se non hai soldi paghi lo stesso,con il lavoro.

Improvvisamente la Pubblica Amministrazione si percepisce come molto risoluta. Decide, chiama, pretende.
Però, a guardare bene, il testo contenuto nello “Sblocca Italia” non è il primo passo verso una meta grandiosa: indirizzare tutta la vita pubblica del Belpeaese verso l'esaltazione dello spirito civico. Dove cioè ognuno coopera alla causa comune con quello che ha: roba, soldi, tempo.

La percezione è che si tratti della solita urgenza economica, del solito sentimento del tirare a campare.
Infatti, al di là dei principi di responsabilità civica declamati da alcuni sindaci, sembra che la misura non sia niente altro che un addomesticamento dell'IMU, imposta della quale il Governo ha scoperto la sostanziale insostenibilità per varie categorie di possessori immobiliari.

Piccoli proprietari a basso reddito, titolari di beni siti in zone disagiate o depresse, beneficiari per eredità di beni vetusti, tutte categorie che non sono povere tanto in relazione alla piccola quantità di beni posseduti quanto, piuttosto, alla limitata disponibilità finanziaria che non gli consente di mantenere il patrimonio immobiliare. Da qui la necessità per i Comuni di venirgli incontro in qualche modo senza però rimetterci di tasca. Ecco, allora, l'IMU “umanizzata” da un contratto personale basato sullo scambio.

Vedremo come andrà a finire. Quale sarà l'impatto effettivo sulle casse dei comuni e soprattutto quale sarà il destino di coloro che, senza soldi per pagare le tasse, saranno temporaneamente arruolati fra gli spazzini, i giardinieri, gli imbianchini.

Certo è che, se la foto pubblicata da “La Stampa” relativa al Comune di Invorio (No), raffigurante un “candidato netturbino” in zoccoli e bermuda - quindi senza abbigliamento idoneo al lavoro - contiene un minimo di verità, in serbo per loro ci saranno un misto fra soddisfazione e speranza.

Soddisfazione di essere riconosciuti utili per la società. Speranza di non fare niente tutto il giorno o, vista l'indifferenza manifestamente esibita per le leggi sulla sicurezza del lavoro, addirittura di infortunarsi.
Così, il “candidato netturbino” potrebbe beneficiare dell'assicurazione e, con il concorso del “destino” o di qualche “amico”, perfino trasformare l'odiata tassa in una patente di invalidità.
Pensionistica.

Del resto, si sa. In Italia, se non si avranno mezzi economici sufficienti ci si potrà sempre arrangiare con un pizzico di fantasia.

Forse per questo, il tema della reciprocità in opera, finalizzata a migliorare lo stato delle finanze pubbliche, è stato strutturato secondo un ordine gerarchico per cui l'obbligo di scambio vale solo per i proprietari di beni immobili.

Viceversa gli eternamente bisognosi, i professionisti dell'accudimento continuato, i devoti della causalità verticale(cioè i perseguitati dalla sfortuna, dal tradimento, dalla colpa perennemente altrui e mai propria), noti consumatori di risorse pubbliche non hanno l'obbligo della reciprocità.
Pare non gli toccherà mai di colmare lo scarto fra quanto prendono e quanto non hanno mai restituito.

Forse perché questa identità di vittimista-bisognoso dell'italiano contemporaneo rappresenta la metà dell'identità nazionale.
E bisognerà tenersela finché anche l'altra metà diventerà così.

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La scoperta

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Scritto da Montaguy Spinola
Categoria: Costume e Società
Pubblicato: 20 Giugno 2015

Tutto ed il contrario di tutto. Questo pare essere il risultato del dibattito che riguarda il possibile scenario conseguente alla crisi greca: il fallimento o, peggio, Grexit cioè l'uscita della Grecia dall'Euro.
Nonostante la rilevanza dell'argomento non esistono risposte certe all'interrogativo: quali conseguenze pratiche per i risparmiatori ed i cittadini europei?
Gli analisti contemplano numerosi scenari.
C'è chi dice sarà un disastro per la Grecia, ma un'opportunità di rafforzamento per la zona UE. Chi afferma che la Grecia avrà dei vantaggi in termini export e l'area Euro dei problemi in Piazza Affari. Alcuni sostengono che tutti indistintamente avranno problemi. Altri ancora dicono che nulla si può prevedere ma, come loro amano sottolineare: "Ciò che è stato è quello che sarà".
Difatti in molti ambienti finanziari è opinione diffusa che i mercati, con il loro andamento ciclico, sul lungo termine  (10 anni) recuperano sempre l'eventuale danno. Con gli interessi.
Però certi esperti finanziari, dicono che non c'è nessun motivo ragionevole di fidarsi della ripetitività dei cicli, anzi il contrario. In finanza, sostengono, non c'è proprio niente di cui si possa dire: "Ecco è stato e dunque sarà".

A chi credere?
Perché la sicurezza degli ottimisti più che di fede sa di scaramanzia.
Era l'Ecclesiaste che ad ogni domanda rispondeva: "Niente di nuovo sotto il sole". Ma l'Ecclesiaste è un testo filosofico-religioso. Dunque si basa sulla certezza. Gli esperti in materia economica-finanziaria dovrebbero essere laici, dunque basarsi sul dubbio.
Allora?
Che anche molti analisti finanziari, come troppi politici, abbiano scoperto che è del tutto superfluo risolvere i problemi?
Mentre tutti attendiamo l'esito della crisi greca non resta che rifarsi alla tradizione popolare. Almeno questo sembra il senso di una storiella che ho ascoltato sull'autobus ed aveva come protagonisti alcuni consulenti finanziari spandenti ottimismo:
– Che cosa facevamo esattamente quando le cose andavano bene?
– Pipì contro vento.
– Allora, rifacciamolo!
– Ma se qualcuno ci vede tutti bagnati?
– Non ti preoccupare. Dalle nostre parti si dice: fatti un nome, pisciati addosso e diranno che hai sudato!

Naturalmente sempre sperando che almeno in questo caso la Vox Populi non sia Vox Dei.

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  1. Bravo Maroni…
  2. Bravo Landini…
  3. Sdoganamento lessicale
  4. Si salvi chi può!

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